SAPIENZA CURIOSA
domenica, 21 ottobre 2012
SAPIENZA CURIOSA
Nell’era tecnocratica i governanti, impotenti succubi del vitello d’oro, distruggono l’istruzione pubblica per conseguire la completa ignoranza. L’obiettivo è di far regredire gli umani a sudditi servili, simili a scimmie addestrate a svolgere lavori manuali, elementari, semplici, ripetitivi, adoperando anche macchine complesse e computer. Difatti impera l’analfabetismo di ritorno, già conseguito con l’avvento del telefono, della televisione, del cellulare. La povertà culturale genera la povertà economica. Eliminando l’insegnamento della lingua greca, del latino e degli studi classici, si è ulteriormente impoverita la curiosità sensibile, le possibilità di sviluppo della conoscenza, lo stimolo al pensare, al meditare, al fantasticare, al creare. Se viene meno anche l’insegnamento di tutta la geografia e di tutta la storia sarà oscurata la sapienza curiosa. Imparare tutta la geografia significa aumentare la facoltà di percepire le connessioni spaziali, naturali di un atto ordinario; imparare tutta la storia significa principalmente aumentare la facoltà di riconoscere le connessioni umane. Lo studio di tutta la geografia e di tutta la storia arricchisce i contatti diretti e personali della vita, fornendo loro il contesto, lo sfondo e la prospettiva. La geografia è l’aspetto fisico e la storia quello sociale. Geografia e storia hanno in comune l’argomento della vita associata dell’umanità. La natura è l’ambiente degli avvenimenti sociali, offre stimoli originari, ostacoli, risorse. Lo studio di tutta la geografia mette in evidenza l’aspetto naturale, lo studio di tutta la storia quello umano. La geografia è la connessione tra fatti naturali e avvenimenti sociali con le relative conseguenze. Con l’insegnamento completo di tutte le discipline si eccita la sapienza curiosa, si rende attuabile anche la democrazia partecipativa, quella vera che distrugge le caste, che consente di governare a qualsiasi normale cittadino comune. Le macchine non saranno elevate a cervelli elettronici pensanti magari programmati con alcuni sentimenti, ma, finalmente, considerate soltanto strumenti materiali e parziali al servizio dell’uomo. (Ricordo da un racconto di Tirella).
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