VIA GIUNCHETO

lunedì, 23 settembre 2013

VIA GIUNCHETO

L’Arno rimane alla distanza di un lungo di campo e la mamma sa come utilizzarlo. Nei mesi caldi tutto può andar bene e, giocando con il piccolo nell’adempiere alle indispensabili attività quotidiane – fantastica – può anche divertirsi. Ma nei mesi freddi? Riempire la brocca, portarla fino in casa, e poi, con quella stufa a legna e con quella poca acqua … : una faticosa sofferenza. Il babbo ha la fortuna di fare il bagno (quando non vi sono in ammollo le pelli con il pelo) nella vasca della conceria, altrimenti ripulirsi a casa è veramente una caparbia volontà avventurosa e insoddisfacente: l’odore o il puzzo della concia comunque e sempre permane più o meno intensamente. Mentre i babbi sono a lavorare, tocca alle mamme andare in Comune a chiedere il pozzo. Finita la guerra hanno ricostruito qualche casa ma, guarda un po’, senza l’acqua che case. Finalmente l’artesiano in via Giuncheto comincia la sua produzione di acqua non potabile. I venti minuti a piedi sono un niente di fatica al confronto con il prima ed’ è possibile fare anche una piccola scorta. I secchi e le brocche di tutte le famiglie portano sui fianchi i segni delle ammaccature causate dai ferri arrugginiti delle biciclette utilizzate come moderne bestie da soma. Via Giuncheto cambia in Antonio Gramsci e il nostro numero da 113 diventa 287. (Ricordo da un racconto di Bicefalo).

 E’       IL       LAVORO       OGGI       L’AURORA  !
Entro il mio cuore
la tortura, oh tutta la tortura
dal mondo patita
geme ch’io in parole la redima,
e io perdutamente balbetto,
il mio cuore ancora in sé sente
le infinite morti
da uomini inferte a uomini,
gli anni trascorrono
e sempre l’insostenibile vergogna
e sempre in me il gemito,
vano gemito anziché parole,
e il terrore che anche il più grande canto
vano pur esso sarebbe,
chi mai l’ascolterebbe
se nuovamente domani sul mondo
la tortura infierisse
infanzia e vecchiaia insieme cancellando
e tutte le speranze?
Speranza, aurora!
Chi ancora guarda l’aurora?
Mio cuore, ma tu lo sai
e non è per essa che ancor batti?
Tanti e tanti e tanti,
vicino a te e lontano
ogni dì s’alzano e non armi impugnano,
o forse armi sono,
martelli, vanghe, libri,
e vanno, con questi loro vivi arnesi vanno,
la terra è tutta un cantiere,
ogni dì è lavoro,
quanto lavoro su la terra intera,
da secoli da millenni,
curvo era sino a ieri
ma ora di sé è fiero
s’anche duramente ancor soffre e lotta,
ben saldo nel voler mai più
guerre né torture,
nel voler il mondo
trasformato in fraterno giardino,
oh mio cuore, più non devi gemere,
abbi fede, tu vedi,
è il lavoro oggi l’aurora!
-Sibilla  Aleramo-

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