ZIGZAGANDO

giovedì, 7 novembre 2013

ZIGZAGANDO

E’ morto un biischero… bruun-bruun… era un gran biischero… bruun-bruun… che ci vuoi faaareee… bruun-bruun… non voleva pensarr… bruun-bruun…

Enorme e compatto il corteo avanza lentamente nel viale interno, entra nell’officina dieci, la percorre per metà, entra nella due, poi nella ex uno, e, sempre zigzagando, passa in rassegna le officine.

Solo un operaio lavorava ma ora, con l’aria smarrita e sorridente, tiene stretti sottobraccio i due compagni del Consiglio di Fabbrica e camminando a ritmo guidano il corteo. I tamburi inventati suonano la marcia funebre e gli operai allegri cantano: è morto un biischero… bruun-bruun… era un gran biischero… bruun-bruun… che ci vuoi faaareee… bruun-bruun… non sapeva pensarr… bruun-bruun…

IL COPERCHIO MANCANTE.

Per ogni imputato vi è il rispettivo testimone che conferma quanto a suo tempo verbalizzato in caserma. Il giudice guarda attentamente le carte e per molto tempo scartabella il registro avanti e indietro poi, con il tono di voce di chi parla fra sé e sé: c’è un operaio che, pur sedendo sul banco con gli altri imputati, durante tutto il processo non è stato mai citato e non ha avuto nessuna testimonianza a suo carico. L’accusatore si alza in piedi e farfuglia che anche da lui ha avuto, come da tutti gli altri, le offese e gli strattoni, il sequestro e i calci. Il giudice spazientito: Lo riconosce? me lo indichi! L’accusatore guarda uno ad uno tutti i volti degli accusati e, arrossendo con gli occhi lucidi, si volge verso il giudice: No… non saprei…

E’ morto un biischero… bruun-bruun… era un gran biischero… bruun-bruun… che ci vuoi faaareee… bruun-bruun… non voleva pensarr… bruun-bruun…

(Ricordo da un racconto di Tirella).

POVERA     MACCHINA     MORTA
(dedicata al crumiro)
Eri nella fatica assillante
che nella massacrante cadenza
ottenebrava il cervello
e affiacchiva le membra.
Al ritmo della catena di montaggio
nella fabbrica prigione
vegetavi invecchiando
e alla sera avevi già sonno
prima del “Carosello”.
Ma il tuo era un altro mondo
non quello illuso pari a te stesso
che inerme subivi inconscio
la violenza, il sopruso, l’inganno.
Mai diventasti uomo.
Neppure alla tua morte
lasciasti una briciola di conoscenza
del tuo stato di essere
ché ti videro spegnere a poco a poco
senza fare alcuna domanda,
senza chiederti nessun perché.
Ed ora giaci povera macchina
povera macchina morta
senza un grido, senza un guaito.
-Renzo   Mazzetti-

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