GIOVANNI

giovedì, 30 dicembre 2010

GIOVANNI

Caro amico, spero ti ricorderai quando eravamo a scuola insieme e quando eravamo in montagna. Ora ci siamo rivisti in infermeria, prigionieri tutti e due. Quando ho saputo del tuo cambio sono rimasto molto contento: così almeno tu sei salvo e potrai così vendicarmi. Il mio destino è stato questo: mi hanno denunciato al Tribunale più schifoso che esista: ti narro un po’ il processo. Mi portarono via dalle carceri legato come un delinquente, sbattendomi sul banco degli accusati. I giudici sono tutti assassini e delinquenti: non mi hanno nemmeno fatto parlare. Chiesero la mia condanna a morte col sorriso sulle labbra ed hanno pronunciato la mia condanna ridendo sguaiatamente come se avessero assistito ad una rappresentazione comica. Spero che noi saremo le ultime vittime di questi assassini: ma voi che restate dovete vendicarci duramente. Muoio contento di aver servito la mia causa fino all’ultimo. Vuol dire che quello che non faccio io, lo faranno gli altri. Ti ho scritto queste parole 10 ore prima di essere fucilato. Io sono tranquillo e contento come quando eravamo insieme nei partigiani. Addio! -Giovanni- [Torino] dal Carcere, 7. 10. 1944.

LE ALTEZZE
Questa pianta del ciel che nutre i mondi,
come frutti dall’albero pendenti,
lascia, nel muover dell’eteree frondi,
altre ampiezze ammirar di firmamenti:
sovra quelle altri cieli ancor più fondi,
dalle cui cime, in ruota immensa ardenti,
veggonsi soli giù, come nascosa
lucciola in siepe bruna, o ape in rosa.
-Niccolò Tommaseo-




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