DON LIBERO

giovedì, 23 settembre 2010

DON LIBERO

DON LIBERO RAGLIANTI . Bandito che ha attentato alle truppe tedesche: così fu definito don Libero Ruglianti, parroco di Val di Castello (Pietrasanta), e così fu scritto sul corpo dopo essere stato abbattuto a colpi di mitra sopra una buca a Laiano di Filettole. Per sedici, interminabili ed orribili giorni, era rimasto rinchiuso nelle scuole di Nozzano – sede del tribunale speciale tedesco – e per sedici giorni l’avevano sottoposto ad ogni tipo di tortura, lasciandolo persino senza mangiare.

Sfinito, ma ancora e sempre sereno nel cuore e nello sguardo, fu ammazzato per terra, perché le residue forze gli impedivano di reggersi in piedi.

Nativo di Cenaia (Pisa), era stato ordinato sacerdote il 10 luglio del 1938, e per due anni fu cappellano a Pontedera. Poi, a partire dal 4 agosto 1940, gli fu affidata la pievania di Val di Castello in Versilia, e qui rimase fino al 12 agosto 1944, giorno dell’eccidio di S.Anna di Stazzema. E furono quattro anni di vita autenticamente nuova per la comunità parrocchiale, perché don Libero Raglianti era un uomo d’azione, uno spirito aperto, un combattente nato per le cause giuste. Senza dubbio era un prete che anticipava i tempi. Esemplificativo in proposito un suo intervento pubblico perché le ragazze di Val di Castello si iscrivessero all’Azione Cattolica: “ Potete, anzi, dovete curare la vostra persona: tagliarvi i capelli, raccorciare gli abiti secondo la moda. Niente vi impedisce di venire in chiesa, se volete, con il capo coperto da un grazioso cappellino. Quando la Casa di Dio risplenderà di colori, di luce, di gioia, anch’Egli nostro Padre, sarà più felice.

Ma un prete che a quell’epoca si esprimeva in questi termini e con accenti alieni da qualsiasi compromesso, non poteva fermarsi a semplici notazioni di costume. Che mal tollerasse il regime fascista tutti l’avevano intuito, ma l’intuizione diventò convinzione già maturata attraverso un comportamento che non lasciava spazio al dubbio, quando don Libero Raglianti, prendendo spunto dal motto radiofonico di Mario Appelius Dio stramaledica gli inglesi, dichiarò apertamente che Dio non poteva far ciò che era contrario ai suoi insegnamenti di principio. E questo nel corso di una veemente predica che per più di mezz’ora tenne dal pulpito della chiesa, di fronte ad una folla attonita e sotto molti aspetti intimorita.

Quando poi la situazione precipitò e Val di Castello si trasformò in un centro di raccolta di tutti gli sfollati del litorale, raggiungendo una popolazione di oltre venticinquemila abitanti, l’azione di don Libero Raglianti divenne addirittura spasmodica, perché alla cura della parrocchia si aggiunse l’assistenza per i nuovi venuti, e anche e soprattutto quella ai patrioti che agivano nella zona. E per la salvezza di tutti sarebbe stato pronto a morire, come spesso soleva ripetere dall’altare. E così è stato. Catturato dalle stesse SS che avevano compiuto la strage di S.Anna di Stazzema – insieme ad una trentina di persone – uscì dal paese ( alla testa della colonna dei rastrellati ) per quella strada in cui quattro anni prima i parrocchiani l’avevano accolto festanti come nuovo pievano. Ma quella che per gli altri doveva essere una lunga estenuante marcia verso la Pia Casa di Beneficenza di Lucca, per lui si doveva interrompere alle scuole di Nozzano, dalle quali si veniva fuori soltanto per essere trascinati davanti al plotone d’esecuzione.

Disfatto nel fisico, ma non nel morale, don Libero Raglianti ebbe a sopportare lì dentro ogni sorta di sevizie e di umiliazioni, fino a che il 29 agosto – ormai ridotto in condizioni pietose – venne eseguita quella condanna a morte che per lui non fu altro che la definitiva liberazione dalla sofferenza. Sofferenza, comunque, che aveva sopportato con cristiana rassegnazione e fermezza d’animo, principalmente con lucidità di mente, tanto da invocare sul proprio corpo le torture che i carnefici praticavano ai suoi compagni di prigionia.

Esempio fulgidissimo di pastore d’ anime e di uomo senza compromessi, conscio fino all’ultimo della sua missione sacerdotale in un mondo travolto dall’odio e dalla prevaricazione, don Libero Raglianti costituisce ancor oggi un metro di giudizio su come si deve affrontare la vita di fronte alla morte. Per far meditare i sopravvissuti alla tragedia dell’occupazione nazifascista, per lui parlano le sue opere, il ricordo di chi lo conobbe nella gioia e nel dolore, soprattutto quei sedici giorni trascorsi nelle scuole di Nozzano dove, affamato e seviziato in continuazione, ebbe sempre parole di conforto per chi stava subendo la medesima sorte. Al momento della fucilazione, sudore e sangue rigavano il suo volto emaciato e tumefatto dalle percosse, ma il suo sguardo era ancora limpido e sereno; fede specchio di un’anima che nemmeno l’odio più spietato e brutale aveva piagato al suo volere. -Mario Pellegrini-

TESTIMONIANZA

Dal 10 agosto al 9 settembre 1944 è stato per il paese di Filettole veramente un periodo di terrore. La soldataglia tedesca ha scatenato tutto il suo odio contro la gente inerme. Giorni di lutto e di pianto. Si è cominciato dal 1° agosto col rastrellamento degli uomini e con le fucilazioni per misura di rappresaglia. Il parroco sottoscritto fu preso prigioniero il 10 agosto e fu rimandato il 15 agosto con ordine preciso di non uscire più di casa e di non ricevere nessuno.

Naturalmente il parroco ha fatto il suo dovere e non ha tenuto conto della proibizione tedesca.

I fucilati nel periodo 10-15 agosto sono stati tumulati senza esequie né benedizione per assenza di ogni sacramento dalla parrocchia.

Si sono prestate con esemplare carità le suore del locale asilo “ Cardinale Maffi “ con a capo la Superiora suor Elena Di Bello che ogni giorno hanno esumato cadaveri dai campi e dalle vie e li hanno portati al camposanto.

Scene impressionanti che rimarranno scolpite nella memoria di tutti quelli che assistettero a tali miserandi funerali.

Dopo il mio ritorno, data la proibizione che io sottoscritto parroco avevo di uscire, i cortei funebri, se così si possono chiamare, formati da carretti pieni di cadaveri, trainati dalle suore, sostavano davanti alla porta della chiesa dove veniva impartita l’ultima benedizione.

Si è verificata più volte la scena dolorosa di dover seppellire morti sconosciuti.

Gli infami tedeschi che fucilavano ogni giorno, senza discrezione, gettavano i cadaveri senza curarsi delle loro generalità in fosse scavate dalle buche delle bombe dei precedenti bombardamenti. Questo atto delittuoso ha fatto sì che, come sopra ho accennato, si siano sepolti molti cadaveri senza poterli identificare. Man mano che venivano tolti se ne scoprivano ancora, sicché non si può precisare il numero, data anche la loro decomposizione… il numero dei cadaveri si aggira dai 37 ai 42. Dopo precisazioni fatte si può stabilire che alla fossa di Laiano sono stati trovati 37 morti di cui solo 11 identificati e trasferiti poi ai camposanti dei paesi dove erano domiciliati.

DON MARCELLO FASCETTI PARROCO DI FILETTOLE

( Ora e Sempre: Resistenza. Testimonianze dei protagonisti e documenti. Provincia di Pisa, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, 1995 )

IGNOMINIA
 Lo straniero non sapeva tutto
 di quei monti e di quelle colline
 non sapeva tutto di quelle pianure.
 Lo straniero si smarriva
 nei labirinti dei centri antichi
 non trovava gli sperduti paesini.
 Lo straniero non conosceva quel sentiero
 né il sicuro nascondiglio
 dove bambini giocarono e ragazzi si uccisero.
 Il fascio littorio
 Salò e le camicie nere
 furono barbarie e distruzione.
 Antigone salvò quei neri cadaveri
 dalla furia dei perseguitati assassinati
 nell’aldilà dove non si perdona.
 L’eterna oscurità detenga le spie
 e i servitori dei tiranni dannati
 nell’infernale pozzo dei traditori.
 Nessun civile perdono sia concesso
 al morto non uguale al morto
 solo rigoroso ricordo.
 Ancora sanguinano innocenti ferite
 e cumuli di coscienze tremanti
 testimonianze perenni
 per non ricadere nell’ignominia.
 -Renzo Mazzetti-

VEDI: PIERINO




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