DIVERSI BIS

 

lunedì, 20 settembre 2010

DIVERSI BIS

INTRODUZIONE: Nell’anno 1983, quando tanti si interrogano se sia stata solo leggenda un’Italia tutta di uomini, di donne, di giovani, che avrebbero voluto dire di no a Mussolini, ma ne furono impediti dal terrore, o se per lunghi anni l’accettazione del fascismo sia stata invece quasi generale, mi accade di ricordare la storia di una famiglia e di un ragazzo che vollero dire e dissero no. Per esprimere le proprie opinioni, per non tirarsi in disparte in attesa che i tempi cambiassero, scelsero di pagare un prezzo. Non ho negato mai, né lo farò in quest’anno centenario, che l’esperienza di essere stati con i più a dir sì a Mussolini, possa anche essere servita a tanti a vivere e a conoscere una realtà e il maturare di processi che io non ho conosciuto. Ma il primo trentennio della mia vita è passato così e io così lo racconto. Classe 1911. Non aver portato mai le stellette, per aver fatto il militare e la guerra soltanto come partigiano; non aver portato la camicia nera mai, per aver preferito l’uniforme del galeotto per dodici anni e sei mesi, non fu vicenda solo mia, ma certo non di molti. Mi sono convinto a raccontarla perché non è una melanconica storia di rinuncia alla vita, ma una vicenda vissuta serenamente con altri compagni che costituisce anche una piccola parte della storia del Partito comunista e dell’Italia. Ed è una prova che la libertà di essere se stessi è così cara che vale la pena di pagare per conquistarla. Siamo stati diversi dai più, ma l’8 settembre 1943, quando finisce questo libro, siamo andati in montagna e abbiamo capito gli altri italiani e ci siamo fatti capire da loro. Per tanti anni non abbiamo imparato dall’esperienza dell’Italia fascista se non quel pezzo di cella o di camerone dove il sole entrava solo a scacchi. Ma qualcosa abbiamo pure imparato, nella nostra curiosità di conoscere l’Italia dai libri, dalle discussioni, dai sogni, dal conoscere altri italiani capaci di tenere duro. Ma i primi trentadue anni di vita non sono stati riempiti solo dal carcere: così questo libro avrebbe potuto intitolarsi Le mie prigioni e dintorni. Ho fatto in tempo, infatti, ad apprendere l’arte della cospirazione e a praticarla per un certo periodo; a festeggiare il mio ventesimo compleanno a Mosca, a partecipare a un congresso del Partito, a fare il segretario della Federazione giovanile comunista italiana, composta allora da tremila ragazzi tutti candidati all’esame del Tribunale speciale. Anche in carcere, comunque, mi sono sentito libero, perché, in fondo, sia la prima che la seconda volta avevo scelto io di andarci. Un altro titolo al quale avevo pensato era Disobbedienza e disciplina. Disobbedienza per il rifiuto di dire sì a Mussolini, disciplina per aver voluto essere comunista. Disobbedire e averne l’animo inquieto, sottoporsi a una disciplina e sentirne l’orgoglio non sono cose facili da mettere insieme, ma proprio così ho sempre cercato di essere, allora come oggi. E non sono stato mai solo. -Gian Carlo Pajetta- (Il ragazzo rosso, Mondadori editore,1983)

L’ IDEALE
 Il numero degli anni non determina
 il superamento dell’ Ideale.
 E’ l’ Ideale che scandisce anche il tempo
 e il tempo è continuamente vecchio e superato.
 -Renzo Mazzetti-
 (Verso levante, editrice ISMECA Bologna, 2009)




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