LETTO DI PROCUSTE

LETTO DI PROCUSTE

[Procuste era il nome di colui che catturava le persone e le faceva distendere su un letto scavato nella roccia. Chi era più corto del letto veniva allungato lavorandolo con un martello. Chi era più lungo veniva segato delle parti di corpo che sporgevano da il letto].




Palmiro Togliatti studente





(Meditazione su: “Parole oneste sulla Russia” di Palmiro Togliatti, Maggio 1919)

Se si farà, un giorno, la storia dell’opinione pubblica borghese durante la guerra [1915-18], un capitolo assai importante dovrà essere dedicato ai giudizi sulla rivoluzione russa: speranze dei primi tempi, esteriori facili ravvicinamenti ad altri grandi sconvolgimenti storici, travestimenti singolari di uomini e di cose, e poi l’inizio della disillusione, e, attraverso i giornali quotidiani (la quotidiana fabbrica delle menzogne), il formarsi della leggenda diffamatoria, che tutto vorrebbe ridurre all’operaio fanatico e incosciente di un pugno di delinquenti. Della stampa non c’è da far maraviglie; stupisce che in simile compagnia siansi talvolta trovati uomini che si era abituati a non considerare alla stregua dei soliti gazzettieri, ma come studiosi, seri e coscienti.

V’è, in fondo a ciò, una mancanza insanabile di quel senso storico che è la sola guida sicura alla valutazione di fatti tanto complessi e multilaterali, e che nel nostro caso non può andare scompagnato non solo dalla comprensione, ma dalla simpatia per ogni movimento umano, per ogni movimento in cui affiori e si affacci qualcosa dell’anima profonda dell’umanità ch’è sempre giovane, sempre vergine e nuova nell’apparente ripetersi dei fatti.

Il fare la storia è assai facil cosa: ci sono i tipi pronti, gli schermi fatti, i modelli prestabiliti. Si tratta di una rivoluzione? Non c’è che da tirar fuori l’armamentario dell’89 e del ‘93: ecco la Gironda e i Giacobini, il Terrore e la Vandea, Robespierre e Carlotta Corday, e l’animo delle folle e la psicologia dei tribuni: tutti i concetti astratti e pseudostorici, letto di Procuste in cui si fa entrare qualunque realtà (e se non centra, peggio per lei), fantocci senz’anima che ritornano come sulle scene di un teatro di burattini.

La verità è che la Rivoluzione russa è movimento originale e della Russia e dei tempi nostri, ha una pratica e una sua ideologia, che non possono essere quelle di nessun precedente moto borghese, e conforme a questa pratica e a questa ideologia esprime dal suo seno gli uomini che la guidano, forma gli istituti in cui realizza i propri ideali. Bisogna rendersi ragione nelle sue origini teoriche e nel suo valore pratico di questa grande corrente che è il movimento operaio rivoluzionario degli ultimi decenni e vedere com’esso venga a confluire con i bisogni e con le aspirazioni d’un popolo come il russo. Occorre poi collocarsi nel movimento storico della guerra europea, provocatrice e acceleratrice del dissolvimento del regime imperiale e burocratico, ma soprattutto bisogna saper vedere, negli sconvolgimenti apparentemente caotici di oggi, la profonda aspirazione, comune ormai a tutte le masse proletarie dell’età nostra, a prendere esse in mano le sorti loro e del mondo, a dare a questo stanco mondo un poco della loro fresca giovinezza.

Ci vuol altro che gli schemi dei nostri bravi professori, ci vuol altro che le ipocrite considerazioni morali dei nostri democratici sui pericoli della demagogia e dell’anarchia!

Un poco di buon senso pare però che incominci a ritornare, almeno in alcuno dei più seri uomini di studio. Ecco, ad esempio, nel numero di marzo della “Rivista Italia”, una succinta rassegna storica in cui Pietro Silva, ch’è tra i più stimati cultori di studi storici, prende occasione dell’esame di alcune pubblicazioni per dire chiaramente che al momento attuale non si hanno elementi sufficienti per dare un equo giudizio sui fatti di Russia, e per chiedere “qualcosa di più delle solite diatribe sul bolscevismo e delle cento volte ripetute leggende”. Non può certamente considerarsi opera di storia il libro del Bienstock sul Rasputin (Treves 1918), notevole per il quadro di costumi dell’alta società russa, quantunque le tinte siano esagerate e gli episodi spesso deformati, “onde si cade in una cronaca scandalosa di aneddoti e di mal costume e di corruzione”, cronaca assolutamente sproporzionata alla grandiosità degli eventi che si vorrebbero far risalire a sì piccola e torbida fonte.

Anche peggiore il libro del Perwoukine (I Bolscevichi, Zanichelli) perché non esce dai luoghi comuni della polemica antibolscevica, la quale del resto dimostra da sé stessa la propria miseria e scempia vacuità, perché chiunque abbia una piccola dose di senso critico non può fare a meno di chiedersi in qual modo degli uomini che ci vengono dipinti come pazzi, degenerati e venduti, abbiano potuto giungere a dominare la storia di tutto il loro paese.

Migliori elementi si contengono nello studio del Caburi (La Germania alla conquista della Russia – Zanichelli 1918) specie per quel che riguarda l’analisi dei fattori di disgregamento preesistenti nella macchina dell’antico regime, e con la scorta di esso il Silva è condotto a riconoscere che lo sfacelo militare fu la conseguenza dell’opera della classe dirigente zarista. I bolscevichi si industriarono a sabotare egualmente la guerra dell’Intesa e quella degli Imperi centrali, fermi a un loro punto di vista dal quale condannavano ambe le parti. E il contegno di Trotzki e dei delegati russi a Brest-Litovski, apertamente ispirato al disprezzo di tutta la solennità procedurale della diplomazia tedesca, e volta a smascherare la brutalità delle sue brame annessionistiche, “è argomento di prim’ordine per combattere il luogo comune che i capi bolscevichi sono stati tutti agenti pagati dalla Germania, e la loro opera diretta a rovinare la patria per fare il gioco degli Imperi centrali”, tesi che vizia e toglie valore al libro del Caburi.

A fornire dati concreti per un’equanime giudizio meglio contribuisce una raccolta di studi sulla Russia pubblicata dalla “Voce dei popoli”, rivista diretta da U.Zanotti-Bianco. Avremo occasione di ritornare su questo volume, e sulla soluzione dei problemi nazionali dell’Oriente europeo che in esso viene prospettata e auspicata, e che si ispira a concetti mazziniani. Dall’attuale periodo di sconvolgimento dovrebbe uscire una organizzazione plurinazionale, una unione di stati a base nazionale, in un organismo federativo. La simpatia ideale per un programma non faccia però dimenticare che l’ingresso nella storia, con un suo scopo di ricostruzione economica, della classe operaia, non può non spostare i termini anche delle questioni nazionali. Il proletariato ha trovato la via della reale unificazione, e l’ha trovata in un programma e in una azione “sua”.

Oggigiorno, concludiamo con parole del Silva, al bolscevismo è pazzesco negare una base solida nel popolo russo, e quindi una giustificazione storica”.

-Renzo Mazzetti- (Giovedì 18 Aprile 2024 h.17,59)

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VI RICORDATE QUEL DICIOTTO APRILE

Vi ricordate quel diciotto aprile
d’aver votato democristiani
Senza pensare all’indomani
a rovinare la gioventù
O care madri dell’Italia
e che ben presto vi pentirete
I vostri figli ancor vedrete
abbandonare lor casolar
Che cosa fa quel Mario Scelba
con la sua celere questura?
Ma i comunisti non han paura
difenderanno la libertà
E operai e compagni tutti,
che sempre uniti noi saremo
e tutti in coro noi canteremo:
Bandiera rossa trionferà.

-Lanfranco Bellotti- (1948)



IL Bicefalo e le dimenticanze tra le righe”


categoria: fantascienza, filosofia, ironia, poesia, dimenticanze tra le righe.






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