POLTRONA

giovedì, 19 settembre 2019

POLTRONA

 IL FASCISMO (BALLATA ANTIFASCISTA)
Quando c'era il fascismo,
camerata, ti ricordi?
Camminava con le mani
nelle tasche e senza soldi;
ora hai le tasche piene
e inneggi Mussolini.
Se avevi mille lire
le tenevi nel ritratto:
camerata, non ci pensi
che mangiavi mezzo piatto?
Che la pancia era candela
e scioglieva come cera?
Ora hai il televisore,
lo pagasti a cambiali;
e la sera ti diverti,
prima mangi e poi ti sciali;
e tua moglie, tutta occhi,
guarda il video e tu la tocchi.
Non è stanca di lavare,
di pulire il pavimento;
ora ha la lavatrice
ed avrà la cinquecento:
vive come una signora
e tu vuoi la dittatura.
Pensi sempre a Mussolini;
che lavoro non ce n'era,
e se tu ti lamentavi
ti portavano in galera:
“Traditore! Mascalzone!”
e legnate sul groppone.
Che bell'epoca il fascismo!
Si cantava “giovinezza”,
ma lo stomaco digiuno
eruttava debolezza,
e le voci erano pianto
accordato con il canto.
Si andava per le strade
come pecore al macello;
il gerarca ci spingeva
agitando il manganello:
noi le teste penzoloni,
lui il cane e il padrone.
Era un carcere l'Italia,
i gerarchi gli aguzzini;
direttore di quel carcere
era il duce Mussolini,
più feroce di Nerone
ed aveva sempre ragione!
Ora vedi gli operai
scioperare nelle piazze
e vorresti contro loro
i fascisti con le mazze;
i fascisti ed i padroni
con la frusta e gli speroni.
E vorresti, che vorresti?
Camerata, sputa l'osso!
Il fascismo era la peste
lo portavi sempre addosso,
ed il puzzo che lasciava
pure l'aria ammorbava.
Camerata, sputa l'osso!
Tu vorresti un altro impero,
massacrare altri popoli,
tutto il mondo un cimitero!
Se di sangue non sei pieno
chiama Hitler, l'altra iena.
Il compare del tuo duce;
siete tutti di una razza
e nel sangue della gente
ci nuotate senza braccia;
siete come la bufera
sulla terra e un'ala nera!
Il compare del tuo duce;
(Dio liberi noialtri!)
Che lo dico e vedo ardere
bimbi e vecchi, padri e madri:
milioni di persone
prima carne e poi sapone.
Che lo dico e qui davanti
a ferire gli occhi miei
vedo campi di sterminio,
ossa e scheletri a cataste,
non c'è tomba che gli basti!
Questo era il tuo fascismo;
camerata, esci fuori!
Noi vogliamo che la terra
sia un giordino tutto in fiore,
e la pace ed il lavoro
come il sole e l'aurora.
E vogliamo l'uomo uomo;
e padrone dei diritti
conquistati con il sangue
e poi scritti nelle carni;
l'uomo uomo e come uccelli
con i nidi sui castelli!
Camerata, esci fuori!
ogni uomo è amico nostro;
e la carne non è pietra
e il sangue non è inchiostro:
il nemico della terra
è il fascismo, è la guerra!
E' il fascismo, è la guerra!
E tu metti bene in mente
che se esce dalla tomba
trova pane per i denti:
trova l'armi nelle mani
d'ogni vero italiano.
-Ignazio Buttitta-

Inizia così la prima pagina della GAZZETTA DEL BARBIERE per ricordare i 120 anni dalla nascita di Ignazio Buttitta. Ascanio gira la pagina e legge: il ministro saputello… la scissione portò il fascismo… Nella bottega rimbomba: Che palle! Sfacciato! A ripulì l’Arno! Antipati’o, ha i’ ‘ulo ‘alamita poltrona… lo sfogo di tutti è zittito da Eligio: il più dei socialisti rinunciò a fare la rivoluzione… Carletto: quando s’abbandona il campo, altri lo occupano… Steno: Gramsci ha sempre ragione… Renatino: senza i comunisti non c’è Resistenza… Foresto, mentre mette fuori il contenitore giallo della carta: Renzi mi diverte. Nonna Teresina (che è lì per tagliare i capelli al nipotino), dice: non vedo l’ora di vedere Crozza. (Ricordo da un racconto di Therios).

CHE TE VADA PER TRAVERSO
Nell'era tecnocratica
della dittatura finanziaria
la meschina tragedia delle parti
recita il governo di servizio.
Il popolo minaccioso urla:
'' Traditori! Venduti! ''
agli onorevoli prima nemici
diventati poi ministri uniti.
Alle larghe intese governative sorprese
nel romano lussuoso sfacciato ristorante
il popolo rabbioso a squarciagola canta :
'' … che te vada per traverso … che te vada per traverso ... ''.
-Renzo Mazzetti-
(24 aprile 2013)
[La poesia riferisce delle spontanee manifestazioni di protesta, in particolare all'episodio, -visto in televisione-, avvenuto a Roma davanti ad un ristorante dove il ministro Franceschini stava mangiando.]





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