TERRA CIELO CULTO
sabato, 17 febbraio 2018
TERRA CIELO CULTO
E’ dalla terra che parto per spiegarti il cielo. Perciò,
quando parlo del culto, introduco un concetto collegato alla coltivazione della
terra. Ma prima di costringere il suolo a piegarsi alla nostra volontà, abbiamo
attraversato il periodo della raccolta indiscriminata dei mezzi di sussistenza,
della caccia, dell’allevamento del bestiame, della pastorizia. Fino a che la
divisione del lavoro si muoveva nei limiti dei rapporti di età, di sesso e di
parentela, il legame tra l’individuo e il suo totem rappresentato da un
animale, da una pianta, da un oggetto o da un fenomeno atmosferico, assumeva un
aspetto particolare, che è già quello della religione ma non è ancora quello
del culto. Per la conquista del nutrimento, l’animale cacciato, il totem,
finisce col far parte del gruppo stesso e ne diventa il simbolo, il protettore,
l’antenato. Le cerimonie trasformano questo legame reale in un legame
immaginario, ideologico. La proibizione di mangiare un qualche tipo di carne è
legata alla fase del totemismo. Pensiamo al culto del toro e del vitello, ai
riti basati sulla venerazione dei serpenti, dell’aquila e del cigno. Il
passaggio dell’animale-antenato all’animale-dio si spiega con lo sviluppo delle
forze produttive che hanno trasformato la comunità primitiva, segnando l’inizio
della seconda grande fase della società: l’epoca della schiavitù, prima forma
di una organizzazione fondata sulle classi. Poi, con le classi, nacque
l’”Essere Supremo” che trasferiva in sé i poteri che i gruppi dominanti si
erano già assicurati sulla terra. (Ricordo da un racconto di Rita).
Vedi: IL RITORNO DI AL CAPONE (10 Febbraio 2018)
DISOCCUPATI
Li ho visti
simili a vagabondi
clandestini sui treni,
a piedi scalzi ai margini delle autostrade.
Li ho visti
trattati come schiavi
da questa società egoista.
Li ho visti
sostare di giorno,
davanti ai cantieri in cerca di lavoro.
Li ho visti
la sera; le sale d’aspetto di terza classe
nelle stazioni delle nostre città del nord,
erano i loro dormitori.
Perché fare delle domande?
I loro occhi chiedevano pane.
Li ho visti
i loro occhi; erano già una risposta
e una domanda!
“Quando un domani non uguale a ieri?”.
Li ho visti,
i più forti, i giovani, incamminarsi
verso le montagne oltre le frontiere.
Li ho visti
cercare lavoro in terra straniera.
Piegati ai più duri lavori
per un pane meno amaro.
Li ho visti,
giganti del lavoro,
mendicare per i loro figli.
Li ho visti
tornare stanchi e delusi
verso le loro famiglie.
Li ho visti
piangere. E con loro ho pianto.
-Rino Giliani- (ottobre 1949)
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