RINCOGLIONIMENTO ROMANO
RINCOGLIONIMENTO ROMANO
Ho conosciuto bene Walter quando è venuto all'Unità. Io allora ero vicedirettore, il direttore era Renzo Foa (un altro finito alla corte di Berlusconi). Io ero contrario all'arrivo di Walter, per tante ragioni, prima di tutto per la battaglia che avevamo fatto in quegli anni per l'autonomia del giornale, alla quale credevamo molto, e che ci sembrava ricevesse un colpo mortale dalla nomina alla direzione di un giovanotto spedito dal partito e che non aveva mai fatto il giornalista in vita sua. Facemmo una lotta vera contro Veltroni, a viso aperto, per la prima volta nella storia dell'Unità, e naturalmente perdemmo, fummo travolti. Io però, nell'assemblea del gradimento, parlai contro e annunciai il no. Allora all'Unità godevo di un certo consenso, per sei o sette anni di seguito ero stato caporedattore e vicedirettore, e il giornale aveva avuto successi importanti. Credevo di essere uno che conta. Veltroni prese più del 70 per cento dei voti, noi del vecchio gruppo dirigente uscimmo pesantemente sconfitti. Eravamo parecchio depressi. Walter però mi chiese di restare a lavorare con lui e di fare il condirettore, cioè mi promosse. Accettai. Dal giorno dopo capii che comunque non contavo più niente e che Walter non mi avrebbe consentito di prendere neanche una decisione su come si faceva il giornale, e che tutti i collaboratori coi quali avevamo lavorato in quegli anni dovevano andarsene. Noi – dai tempi di Chiaromonte e D'Alema – avevamo fatto il giornale con politologi, filosofi, studiosi non solo di area comunista. Walter preferiva alleggerire. I professori scomparvero, comparvero molti attori, qualche cantante, sceneggiatori, uomini di spettacolo. Anche molto bravi. L'operazione Walter era chiarissima e tutt'altro che fessa: fare dell'Unità un giornale politicamente leggero, poco impegnato -anzi per niente- nel campo dell'idee e dell'elaborazione del pensiero, forte nell'intrattenimento, nel ringiovanimento, nel rapporto con la cultura intesa nel suo lato spettacolare. Fu così che nacque lo straordinario successo delle figurine dei calciatori (alla cui ideazione, devo ammetterlo partecipai...) e poi delle videocassette e altre iniziative editoriali analoghe, brillantissime e leggere. Per L'Unità forse si prospettava un grande futuro (qualche anno dopo, infatti, chiuse) ma un giornale fatto in quel modo fu utilissimo per Veltroni per farsi una immagine molto diversa da quella del ragazzetto sveglio figlio dell'apparato comunista. Si presentò come un uomo più vicino a Paolo Villaggio (che aveva una rubrica fissa sul giornale) che ad Enrico Berlinguer. Firmò la sua trasformazione e il suo riscatto. Poco dopo passò alla “politica superiore” entrò nel governo e poi diventò segretario dei DS, quando il suo rivale D'Alema lasciò il partito per Palazzo Chigi. Sulla vicenda Veltroni al partito parliamone poco perché fu disastrosa. In neanche due anni portò i DS ai minimi storici e poi li abbandonò, all'improvviso, per tentare l'avventura romana. (Meditazione su: Due, tre cose che so su di lui di Piero Sansonetti nella prefazione su WALTER EGO).
Chierichetto servente
ragazzo diffusore
grande stessa fede
Nazzareno ribelle.
Santificata domenica:
al prete la Messa servita
all'operaio l'unità Comunista.
-Renzo Mazzetti-
(9 aprile 2015)
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