LE BELLE ESPRESSIONI

 

martedì, 24 gennaio 2017

LE BELLE ESPRESSIONI

Io ero antifascista liberale, un gobettiano. Infatti appartenevo all’Unione Goliardica della Libertà, una specie di Movimento Studentesco che riuniva i socialisti, i popolari, i repubblicani come Ugo La Malfa, Sergio Fenaltea, Basso. E volevo combattere il fascismo. Soprattutto dopo la morte di mio padre, non sapevo che farmene delle parole e basta. Ma quasi tutti i vecchi liberali erano emigrati all’estero, e quelli rimasti in Italia non volevano affrontare l’attività illegale. Croce mi diceva: “Sciocchezze, sciocchezze! Studiare, studiare! E’ necessario formare i dirigenti di domani, non c’è altro da fare!”. E non capiva che non mi bastava, non ci bastava, studiare. I comunisti erano i soli a combattere. Ogni giorno comunisti arrestati, comunisti processati, comunisti al confino: mentre l’antifascismo liberale restava tagliato fuori. Così, nel 1928, con la scusa di recarmi a traslare la salma di mio padre, andai a Parigi. A Parigi abitava Treves: per noi giovani, l’antifascista liberale più serio. Gli portai un memorandum che chiedeva di creare un centro estero per sostenere la nostra lotta in Italia ed evitare che i comunisti avessero il monopolio dell’opposizione. Treves lesse il memorandum e poi scoppiò a piangere. Piangendo mi disse: “ Non contate su di noi. Noi siamo dei vinti. Trovatevi una strada per conto vostro”. Ne rimasi turbato, gli chiesi da chi dovevo andare. E lui: “Non andare da nessuno, questo è un ambiente pieno di spie. Fai da solo”. Io tornai in Italia, mi fermai a Torino dove vidi Garosci, a Roma dove vidi La Malfa, ma combinai poco perché c’era stato l’attentato contro il re e la polizia aveva operato molti arresti. Rientrai dunque a Napoli dove mi trovai scollato da tutti e mi misi a meditare. A Napoli c’era Sereni. Sereni era già comunista. Parlando con lui cominciai a capire che solo la forza operaia poteva fare la lotta. Non diventai subito comunista. Mi iscrissi il 7 novembre 1929. Sì, mi ci iscrissi proprio in base alla funzione che il Partito Comunista aveva nell’antifascismo e anche per l’incapacità di avere altri contatti. E va da sé che m’ero già letto il primo volume del Capitale, va da sé che ero molto influenzato dall’esempio dell’Unione Sovietica… ad esempio dal fatto che nell’Unione Sovietica si parlasse di piani quinquennali mentre il capitalismo occidentale affogava nella crisi economica. La politica per me è cultura. Anzi, una delle espressioni più belle della cultura. E’ conoscenza storica, è riflessione. Guai se in politica rinunci alla riflessione, allo studio. (Meditazione su: Intervista con la storia, intervista a Giorgio Amendola di Oriana Fallaci).

CHI E’ IL PARTITO?
Noi,
Tu e io e voi-noi tutti.
E’ nei tuoi vestiti, compagno, e pensa nella tua testa.
Dove vivi è la sua casa, e dove sei attaccato combatte.
-Bertolt Brecht-



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