MILANO 29 LUGLIO 1883

 

mercoledì, 25 maggio 2016

MILANO 29 LUGLIO 1883

Siamo operai nel più ristretto senso della parola, cioè operai manuali. Siamo i figli di quell’immensa moltitudine a cui la vita non è concessa che a patto di una perenne, indefinita, interminabile produzione. Siamo i figli di quella classe che lavora e soffre, senza adeguati compensi, senza eque retribuzioni, sempre e dappertutto calunniata e derisa perché sempre e dappertutto tenuta ignorante e oppressa. Il frutto delle nostre fatiche passa quasi per intero ad aumentare continuamente le ricchezze dei capitalisti i quali, facendo un immorale monopolio dei doni della natura, e dei portati della scienza, ne corrispondono in guisa che, sia per la sfrenata concorrenza delle macchine, per malattia, per semplici questioni personali o per molteplici altre cause noi, i veri produttori, siamo messi in condizioni tanto precarie da non poter sfuggire alle odiose strette della più squallida miseria. Ed allora? Allora i patimenti fisici assorbono tutte le nostre facoltà e s’impongono ai sentimenti più nobili e più morali; allora la fame che più non ragiona rabbiosamente ne incalza sul triplice pendio dell’ospedale, del carcere o del suicidio. La coscienza pertanto delle nostre misere condizioni, il timore che possa un giorno mancare il pane ai nostri figli ed il pesante fardello di quotidiane fatiche ne ha stretto in Lega allo scopo di difendere, mediante l’unione delle forze operaie i nostri diritti e per ottenere quei miglioramenti che ci spettano come lavoratori, come cittadini, come uomini. La dura scuola del passato ne convinse sino all’evidenza che egoistici interessi contrari ai nostri fomentarono sempre divisioni, guerre, discordie nel campo dei lavoratori, ed oggi è d’uopo persuadersi che i politicanti di qualunque colore (sapendoci fortissimi riuniti) non hanno mai avuto altro intento che frazionare e paralizzare le forze operaie in inutili attriti, con dannose apparenze, per incerti ideali onde mantenerci più o meno schiavi degli eterni privilegiati. Noi crediamo che gli operai possono e debbano fare da sé e da sé soli sostenere e proteggere i loro interessi confermando col fatto questa grande verità: L’emancipazione dei lavoratori non sarà compiuta che per opera da lavoratori stessi. Ad ogni passo la storia ne insegna che l’affidare agli altri quello che non può essere fatto che da noi, è rinunciare al proprio miglioramento, disconoscere i propri bisogni, sottoscrivere infine volontariamente la miseria e l’abbrutimento comune. Il Fascio Operaio adunque, promosso da figli del lavoro, s’ispirerà ai criteri fondamentali della scienza economica moderna e sosterrà con tutte le sue forze il principio dell’organizzazione e della difesa del lavoro. La disoccupazione, le leghe della resistenza, le associazioni di mutuo soccorso, le cooperative di credito, produzione e consumo, le tariffe, i salari, gli scioperi, il lavoro carcerario, la riduzione dei fitti, le case operaie, i congressi operai, l’intervento dei lavoratori nelle Amministrazioni Comunali e nei Parlamenti ecc. ecc. ecco quanto tratterrà in prima linea Il Fascio Operaio. Propugnerà inoltre: l’emancipazione completa della donna, senza la quale non è possibile né vera educazione né vera eguaglianza, il miglioramento economico-intellettuale dei fratelli contadini, l’abolizione degli eserciti permanenti, l’igiene del lavoro, ecc. Si occuperà infine di tutte quelle questioni che, dal lato umanitario, educativo o degli interessi possano arrecare un vantaggio alla classe lavoratrice. Queste ardenti aspirazioni, questi insoddisfatti bisogni, sono gli anelli di congiunzione fra gli operai di qualunque partito. L’interesse che abbiamo di sostenerci reciprocamente nella lotta economica è la base più vera, più solida su cui si fondano e si collegano i vantaggi d’ognuno; potremo avere, politicamente parlando, personali divergenze d’apprezzamento ma il nostro malessere economico resta e resterà fino a che non siano sparite le cause che lo alimentano. Oggi ferve nell’Italia operaia un lavoro sordo, continuo e progressivo, interrotto soltanto a brevi intervalli da frequenti scioperi o dall’affermazione di comizi popolari: sono lampi di luce subito spenti ma che rischiarano a tutto l’esercito del lavoro per parecchi passi la via. Però dai movimenti che si accentuano sull’orizzonte operaio, chiaramente apparisce il bisogno, profondamente sentito, di riunire i vari elementi operai in una Lega Operaia Italiana, la quale avrà a sua volta per scopi supremi: La completa emancipazione dell’operaio dall’oppressione del capitale e la Federazione Universale fra tutti i lavoratori del mondo. L’unione fa la forza! Questa semplice quanto grande verità diede vita ed estensione a fortissime Associazioni Operaie d’altri paesi, noi pertanto, che arriviamo ultimi nella lotta per la difesa del lavoro, facciamo adunque tesoro degl’insegnamenti di coloro che ci hanno preceduto e seguiamone arditamente il cammino. Lontani dalle idee impraticabili delle chiesuole di partito, egualmente che da mezzi sconsigliati, i quali non servono che a ritardare l’emancipazione dei lavoratori, noi procederemo per la via pratica, larga, che ne addita il buon senso, lo studio, l’esperienza nostra ed i consigli dei compagni di lavoro. Compagni operai! Il Fascio Operaio sarà in ogni causa il porta-bandiera ed il difensore dei nostri diritti; sostenete coi vostri sforzi questa voce che sorge, questa sentinella del lavoro che si avanza, ed aiutateci. (Meditazione su: “Chi siamo e cosa vogliamo” articolo scritto dalla Direzione de “Il Fascio Operaio” voce dei figli del lavoro. Milano, 29 luglio 1883).

P R O T A G O N I S T I
Perché morire senza la vita?
Nel tutto che ti s’avanza
nel presente sei già futuro
proiettato dalla profondità
dei sentimenti fraterni perenni
non trovi l’albagica versione
ma la concretezza delle verità.
La battaglia umana diventa realtà
perché della dignità porta l’impronta
di una vita discussa e lottata.
E per le ”lacrime amare
inghiottite dagli occhi lontano guardanti”:
Stringi la mano e sferra il pugno!
E il cuore già batte più forte
e le gambe già corrono lontano.
Ma è qui
che l’avvenimento di vita assume
dove l’occhio dall’alto più non vede
negli orizzonti dell’intimo indomito
sofferente e uguale nelle aspirazioni
figura di sommi capi protagonisti.
-Renzo Mazzetti-
(Verso Levante. Poesie del mio autunno caldo. Bologna, 2009)

Vedi: POLITICI ESEMPLARI (24 aprile 2016)

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