RADIO LONDRA

 

venerdì, 11 dicembre 2015

RADIO LONDRA

Durante il ventennio fascista Volterra è stata una città dove la malvagità della canaglia squadrista, la repressione, l’aggressione, la caccia agli antifascisti non si esaurì con l’avvento del fascismo al potere e l’emanazione delle Leggi eccezionali. I motivi erano da cercare nelle tradizioni antifasciste della maggioranza del popolo, in modo particolare degli alabastrai, i quali, malgrado le feroci e barbare azioni compiute contro di loro dai fascisti locali e di altri paesi, non furono mai conquistati nella loro stragrande maggioranza al fascismo. Se dovessimo elencare la lunga schiera di coloro che non solo negli anni peggiori della bufera fascista furono perseguitati con metodica continuità, di tutti coloro che continuamente venivano percossi, dovremmo fare un elenco molto lungo perché non si trattava di poche decine, ma di centinaia di onesti lavoratori che pagarono duramente la loro avversità al regime. Non vi era manifestazione, ricorrenza celebrativa od altro che non si concludesse senza un’aggressione contro singoli, o gruppi di lavoratori schedati come avversari del regime. Malgrado tale brutale metodo, la resistenza al fascismo fu diffusa e decisa, lo dimostra il largo numero di giovani che dette la sua adesione alla ricostruzione del partito comunista. I denunciati al tribunale speciale furono circa settanta, una quarantina i condannati, ma questi erano solo una parte di quelli che avevano aderito al movimento, un numero maggiore di quelli denunciati non fu individuato, o meglio, ci furono dei gerarchi che affermarono che per sminuire la vastità del movimento era necessario limitare gli arresti, affidando al manganello il compito di togliere dalla testa gli ideali antifascisti di coloro che non venivano incarcerati. Né le percosse, né gli anni di carcere dati dal tribunale speciale riuscirono a spezzare la resistenza contro il regime. Il 21 aprile del 1937, data che il fascismo aveva dedicato alla festa del lavoro togliendo dal calendario il Primo Maggio, ero seduto ad un tavolo insieme a Mezzetti e altri quattro amici quando nella trattoria entrarono una ventina di canaglie. Uno esclamò: eccoli qua i comunisti. Come tante belve si scagliarono contro di noi colpendoci con brutale malvagità. Compiuta l’aggressione, mentre noi grondavamo sangue, se ne andarono cantando i loro inni. Tra tutti gli aggrediti ero il più malconcio e fui costretto ad essere accompagnato all’ospedale. Uscito dell’ospedale trovai i miei fratelli, mio padre, tre miei cugini ed altri con i quali decidemmo di far capire ai fascisti che non eravamo più disposti a subire altre aggressioni. Sull’angolo della piazza dei Priori incontrammo uno di essi, il quale, fiutata la nostra intenzione, estrasse di tasca la rivoltella, e nello stesso tempo cominciò a gridare “fascisti a noi!”. In poco tempo un nugolo di fascisti giunse in suo aiuto e iniziò una furibonda rissa durata più di un’ora. Quando i carabinieri riuscirono a dividerci e a rinchiuderci separatamente in caserma, diversi fascisti avevano ricevuto la meritata lezione. Nel frattempo una grande massa di fascisti si era riunita e gridava che ci gettassero dalle finestre. Alle tre circa del mattino fummo rilasciati ed accompagnati a casa dai carabinieri. Fummo denunciati per rissa. Il processo si svolse al tribunale di Pisa dopo circa tre anni. Il loro comportamento davanti ai giudici fu uno dei più meschini: ciascuno addossava agli altri la colpa di aver partecipato alla vile aggressione nella trattoria. Della successiva rissa ebbe a parlare anche Radio Londra in una delle sue trasmissioni serali in lingua italiana presentando l’episodio come un atto di ribellione al regime fascista. (Ricordo da un racconto di Vasco).

U R L A (parte)
Ribelli salvatori
popolari giustizieri
riscatto dell’umanità.
Il sapere
non dimentica
nessuno ignori!
La riconoscenza
compie democrazia
salvaguarda l’Italia.
-Renzo Mazzetti- (Borgo San Lorenzo lì, 08 giugno 2008).

Vedi:

IL COGLIONE E VEDERE (28 novembre 2015)

RADIO MOSCA (18 settembre 2015)


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