LA MARMELLATA

mercoledì, 21 ottobre 2015


-zucca-



LA MARMELLATA

La marmellata superba che una donna produce a casa sua, ha perso la qualità di andare sul mercato, conserva una sola faccia: è un valore d’uso. Prodotta per essere consumata dai figli o dai nipotini, per pochi, rimane chiusa nella credenza di famiglia. Gli economisti sono tutti d’accordo, su questo punto: tutto quanto una donna produce in casa – eccettuato, beninteso, i prodotti, che interessano altamente le industrie, del “lavoro nero”, è un puro valore d’uso. L’operaia della fabbrica: in quel mondo della produzione tanto agli antipodi con lo squalificato mondo della casa (vedete come il “fare” femminile abbia perso di qualità), durante una giornata di otto ore lavorative, più breve e squadrata della giornata naturale che lungo tutto l’arco la massaia è costretta a seguire, quell’operaia ha prodotto, invece, merce che vale denaro – vale più di quanto al proprietario dello stabilimento e delle macchine è effettivamente costata. Su questa differenza è nato e si è fondato il capitalismo. Perché mai vale più di quanto è costata? La forza-lavoro ha la qualità singolare di rendere di più di quanto costa. E’ un’esperienza che all’uomo occidentale viene dall’impiego intensivo di schiavi nelle piantagioni. I proprietari di schiavi erano proprietari, in definitiva, di manodopera, di forza-lavoro. Usando con violenza, anzi abusando di questa capacità umana, essi ne traevano disumani profitti. Il calcolo di un minimo di sussistenza sperimentato sulla pelle degli schiavi trapassò poi nell’esperienza dei proprietari delle prime manifatture e fabbriche. Le tensioni [scoppiate in guerra civile] fra Nord e Sud coprivano problemi di questo tipo: adibire alle macchine gli schiavi o affittare la forza lavoro di uomini liberi? Il nord dimostrò che quest’ultima soluzione era la più conveniente. Fino al tempo di Marx il salario – cioè il denaro dato a un operaio in cambio della sua forza-lavoro – assicurava a lui il minimo della sussistenza: quanto gli occorreva di vitto e alloggio miserabili perché, mangiando e dormendo, potesse riprodurre, per il giorno seguente, quelle energie che il lavoro in fabbrica del giorno prima gli aveva consumato. Fu appunto per la necessità che ogni giorno la forza-lavoro di un operaio potesse efficientemente riprodursi al fine di poter essere di nuovo da lui affittata e consumata in cambio di denaro, che emerse in una nuova luce il contributo morale ed economico che il lavoro domestico della donna rappresentava per l’operaio. Sull’uso, sottopagato, della forza-lavoro femminile nelle fabbriche, Marx ne “Il Capitale” scrisse testualmente: “Il lavoro forzato per il capitale usurpa il posto del lavoro libero per il mantenimento della famiglia; ed il sostegno economico del morale della famiglia era appunto questo lavoro domestico”. (Meditazione su: Che differenza c’è fra una massaia e un’operaia? “Donna e serva” di Armanda Guiducci).

LA PAROLA (parte)
Come sa varcare il tempo, la parola
che collega i pensieri con gli eventi
ed è lei stessa evento – impercettibile.
-Armanda Guiducci-

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