IL CULTO DEL BELLO

venerdì, 25 settembre 2015


-FELINROSMARIN-



IL CULTO DEL BELLO

La lingua era impura, affettata, pedantesca e corrotta, il pensiero stanco, lento, inceppato e schiavo. Il poeta fece rifiorire la lingua: la tolse dall’abbandono sprezzante in cui era lasciata e sotto la sua penna feconda le fece percorrere con una meravigliosa facilità tutta la gamma delle idee nuove. Ora la elevò sin nelle regioni alte della poesia, ora la fece scendere fino ai gradini più umili della prosa: talvolta le donò gli accenti disperatamente infuocati di passioni selvagge, talaltra il fischio motteggiatore e pungente dell’epigramma: in un momento l’adornò del linguaggio abbondante e facondo dell’eloquenza, in un altro l’armò del frizzo rapido ed acuto della satira. Quell’idioma ricco, sonoro, accentuato, capace di esprimere tutte le sfumature più delicate e sottili colla sua ricca e splendida famiglia di verbi pittoreschi mostrò, nelle sue mani, quanti e quali fossero i suoi immensi tesori. Egli gli tolse quell’aria di antichità, che lo faceva apparire men bello, quella scoria di vecchiaia, che gli deformava un pochino il volto bellissimo, lo rinnovò, lo rinfrescò anche cogli idiotismi. In questo modo esso fu capace di soddisfare sia alle gravi esigenze epiche della storia, sia alle facilità familiari del romanzo, sia agli slanci impetuosi della lirica, sia all’andatura solenne dell’epopea. Colla lingua egli rinnovò anche il pensiero. Alessandro Puskin è morto, ma il suo nome rimarrà vivo fin che nel mondo non morrà il culto del bello. (Meditazione sulla prefazione di Cesare Bragaglia al poema “Boris Godunof”).

I TESORI DELLA LINGUA PATRIA
I tesori della lingua patria -
così osserveranno le menti dalle grand’arie -
per il balbettio straniero
noi abbiamo follemente negletto.
Noi amiamo i giuocattoli delle muse straniere,
le castagnette degli stranieri dialetti,
e non leggiamo i nostri libri.
Ma dove sono? Dateceli.
E dove noi le prime nozioni,
i primi pensieri abbiamo trovato?
Dove verifichiamo le esperienze
dove impariamo il destino della terra?
Non nelle selvagge traduzioni
non nelle opere arretrate
dove la mente russa e lo spirito russo
imparano cose vecchie e mentono per due.
-Alessandro Puskin-
(“Album di Onjéghin” Appendici, 7. -parte-) 

Vedi: 

NOBILE POLITICO (28 agosto 2015)




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