IL TRIONFO DEI PAPERONI

mercoledì, 30 settembre 2015

IL TRIONFO DEI PAPERONI

Nell’epoca della Metafora della democrazia, dove la Ciarla regnava, il tozzo del pane perse significato e valore. Tutto ciò che era legato alla terra naturale, al lavoro manuale e all’azione materiale, fu considerato vecchio e inusuale, addirittura sconveniente e troppo lento, da annientare. L’apparenza futile del cambiamento, non più lo spirito che animava il bisogno che sovrastava il corporale, ma la nociva leggera apparenza la faceva (alla grande) da nuovo vittorioso padrone e, nel giornale dell’unità dei lavoratori, divenne il quotidiano rottame della coscienza dell’onestà della fatica e del sudore. Il Paperon moltiplicò le proiezioni con gli spettri de’ Paperoni. Nella grande America le casseforti (dove finirono le riserve d’oro d’Italia?) custodivano il liquido e le vasche della pena capitale raggiungevano alti impensabili traguardi: L’umano scomparve (definitivamente?). Il gioco calcolato delle borse con quello di ogni azzardo dell’oddio denaro tiranno incontrastato, divenne il democratico dittatore, il trionfo dei Paperoni. Nota bene: I Paperoni non fecondarono neppure un uovo, inumani? Nell’Olimpo del Capitale, immortali? (Ricordo da un racconto di nonna Teresina).

 

SENZA TITOLO
 La società recidiva
 senza occhi
 senza voce
 senza orecchie
 reprime immensità di nuova vita
 in metafore di vista, di urli, di udito.
 La compagine povera che soffre
 percepisce ciò che nessun potente
 potrà mai imitare o soffocare.
 Una nuova èra avanza
 nell’aria e nel sangue
 già volteggia e pulsa.
 Nel sapere di chi non sa
 l’alba e il tramonto
 è ancora alba e tramonto.
 Ma se il tramonto
 si chiamasse alba?
 E se l’alba
 si chiamasse tramonto?
 E se la morte della ricchezza
 si chiamasse vita?
 -Renzo Mazzetti- (Orizzonti, anno 2001)

 

Vedi: PASSATO E FUTURO (12 settembre 2015) 



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