LA FESTA DEL PAESE
giovedì, 19 marzo 2015
LA FESTA DEL PAESE
Le diverse canzoni e musiche facevano dei gioiosi baccani e, nell’insieme confusionario, innalzavano al cielo la canzone della festa paesana. Le bancherelle emanavano tanti diversi profumi inebrianti che stuzzicavano la gola, le giostre giravano con gli animali di legno raffiguranti ogni razza, i tirassegno scoppiettavano donando premi, i calci in culo volavano sopra le teste con i loro lanci verso il dondolante trofeo. Gli avvocati del paese- specializzati ad evitare i calci in culo ai loro assistiti- odiavano la festa perché rendeva -seppur per un giorno- tutti uguali; a loro era consentito di diventare onorevoli rappresentanti degli elettori partecipanti e difendevano lo stato di cose esistenti. Il sistema dominante era il migliore, eventualmente, all’occorrenza, bastava -se proprio non se ne poteva fare a meno- soltanto migliorarlo purché il più forte e il più furbo continuasse ad imperare. A che cosa serviva l’analisi e la critica dell’esistente non era dato sapere: bastava l’ignoranza e l’abbandono delle votazioni dei più perché i meno s’inventassero la giustificazione per assicurarsi la perenne governabilità. I sindacalisti e i giudici erano incompatibili con la partecipazione democratica nelle istituzioni, perché non lo erano gli avvocati, i professori e i padroni? Dalla canzone della festa paesana si propagò una voce, ripetuta all’infinito su tutto il territorio nazionale, sulla musica con un eco dirompente: Landini senatore a vita. (Ricordo da un racconto di Rita).
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