STUPIRSI STUPIRE
venerdì, 20 giugno 2014
STUPIRSI STUPIRE
Ciò che la ricchezza prodiga e corruttrice vuole è il denaro
in quanto denaro, denaro come mezzo per acquistare qualsiasi cosa -anche per
pagare i debiti-. Il piccolo produttore invece ha bisogno del denaro
soprattutto per pagare -la conversione delle prestazioni e dei tributi in
natura al proprietario terriero o allo Stato in rendita monetaria ed imposte
monetarie assume qui una grande importanza-. In entrambi i casi il denaro viene
usato come denaro. D’altro lato la tesaurizzazione soltanto ora diventa reale e
realizza il suo sogno solo nell’usura. Ciò che al tesaurizzatore si richiede
non è capitale, ma denaro in quanto denaro; ma tramite l’interesse egli
trasforma questo tesoro monetario in capitale per uso suo -in un mezzo che gli
permette di impadronirsi di tutto o di una parte del pluslavoro ed anche di una
parte delle stesse condizioni della produzione, anche se nominalmente
continuino a sussistere di fronte a lui come proprietà altrui. L’usura sembra
vivere nei pori della produzione come gli dei di Epicuro vivevano negli
“intermundia”. E’ tanto più difficile procurarsi denaro quanto meno la merce è
la forma generale del prodotto. L’usuraio non conosce quindi nessun limite che
non sia la capacità o il potere di resistenza di coloro che hanno bisogno del
denaro.-Nel Medioevo non esisteva in nessun paese un saggio generale
d’interesse. La circolazione monetaria ristretta, la necessità di effettuare la
maggior parte dei pagamenti in contanti, costringevano a prendere denaro a
prestito ed in misura tanto maggiore quanto meno sviluppato era il traffico
cambiario. Ai tempi di Carlo Magno veniva considerato usuraio chi prendeva un
interesse del 100%; Verona fissava come saggio legale il 12 1/2%; nel secolo
XIII nella Renania tedesca il saggio d’interesse normale era del 10%. Vi era
una grande differenza sia nei saggi d’interesse che nel concetto dell’usura. La
Chiesa proibiva a priori qualsiasi operazione comportante un interesse-.
(Meditazione su IL CAPITALE, capitolo trentasei, di Karl Marx).
[ L e
n o s
t r e
s o r
g e n
t i ]
Ci hanno avvelenato
le sorgenti del sogno
a noi che non avevamo altro
che il sogno a consolarci.
-DINO CAMPANA-
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