NOBILI BASSEZZE

lunedì, 28 gennaio 2013

NOBILI BASSEZZE

O senatori, io so che a molti di voi sembrerà che oggi si tratti di un problema già risolto e che farà un vano discorso colui che esprimerà la sua opinione intorno alla questione dell’Africa, come se si trattasse di una decisione ancora da prendere. Io, pertanto, questo ignoro per prima cosa, che si debba già dare per certo che l’Africa sia assegnata come provincia ad un console coraggioso e valoroso, dal momento che né il senato ha ancora deliberato che per quest’anno l’Africa sia considerata provincia, né la volontà del popolo l’ha ancora deciso. Se la cosa stesse così, io penso che commetta un errore il console che, fingendo di considerare la deliberazione come già presa, si faccia beffe del senato; non pecca invece quel senatore che, quando è chiamato a parlare, esprime la sua opinione intorno all’argomento trattato. Peraltro, dissentendo io da chi ha tanta fretta di passare in Africa, ho la certezza di incorrere in un giudizio sfavorevole per due ragioni: la prima per quella tendenza a temporeggiare che è in me innata e che i giovani amano chiamare paura od inerzia, mentre a me basta non dovermi pentire di decisioni che all’atto pratico si sono rivelate più vantaggiose, anche se quelle degli altri sono sempre apparse più attraenti; in secondo luogo sono mal giudicato in quanto mi si attribuisce astiosa gelosia verso la gloria di giorno in giorno sempre più grande del console energico ed intrepido. Da tale sospetto, se non mi riscattano né le azioni della mia vita, né i miei costumi, né la carica di dittatore con cinque consolati e la gloria conseguita in pace ed in guerra, così grande che ne sento quasi più il tedio che il desiderio, mi riscattino almeno i miei anni. Quale rivalità, infatti, vi può essere tra me e lui che non è neppure coetaneo di mio figlio? Nessuno o fra i senatori o fra i cittadini, quando io ero dittatore nel pieno delle mie forze e nel massimo fervore della mia attività, udì mai che io mi opponessi a che il maestro della cavalleria, che pure mi andava diffamando, fosse equiparato a me nella carica di dittatore, cosa che prima di allora non si era mai sentita. Con i fatti più che con le parole ho preferito fare in modo che colui che a giudizio altrui era stato fatto eguale a me, subito dopo spontaneamente mi riconoscesse superiore a sé; non è perciò nemmeno pensabile che io, giunto al termine della mia carriera politica, voglia rivaleggiare con un giovane nel pieno delle energie e del successo, perché l’Africa, qualora venisse a lui rifiutata come provincia, sia assegnata a me, stanco ormai non solo di intraprendere nuove gesta, ma perfino di vivere. Non mi resta, dunque, che vivere e morire con quella gloria che ho ormai conseguito.

INDOVINA     L’ INDOVINELLO:

CHI   E’   L’AUTORE ???????

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R   A   Z   Z   A       D   A   N   N   A   T   A
Dai miglioristi,
pur aspettandomi di tutto
durante i vari cicli politici,
sono sempre stato sorpreso,
amaramente addirittura sbigottito,
per le loro acrobatiche giravolte,
impreviste, incomprensibili, ingiustificabili,
le quali, comunque, riportavano
immancabilmente indenni
gli onorevoli deretani sulle ambite poltrone.

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