COSTRUIRE
MERCOLEDÌ, 13 GIUGNO 2012
COSTRUIRE
Smarrita da molti, da troppi, la solidarietà non è uno degli
elementi che caratterizzano il panorama sociale italiano. Si attenuano, o
scompaiono, le solidarietà tradizionali del quartiere, della fabbrica, della
comunità religiosa o di partito. Sembra che si rafforzi di nuovo soltanto la
solidarietà familiare. Ma troppo spesso, oggi, la famiglia non è un luogo dove
lo spirito della solidarietà vive spontaneamente, ma piuttosto un ”rifugio in
un mondo senza cuore” che nega ai giovani il lavoro o la casa costringendoli a
più lunghe convivenze. Certo, il mondo cambia, e nelle grandi metropoli è vano
sognare la solidarietà tra vicini del piccolo borgo di campagna. Proprio per
questo, alle solidarietà spontanee si era cercato di sostituire solidarietà
”costruite”, quelle dei servizi sociali e del sistema pensionistico, di una
sanità pubblica vista non solo come cura della malattia, e così via. La parola
‘’solidarietà” sta scritta nella Costituzione. E lo ”Stato sociale” non doveva
limitarsi ad essere Stato assistenziale, ma appunto una nuova costruzione nella
quale i cittadini potessero trovare solidarietà adeguate ai tempi che
cambiavano. Questo è avvenuto solo in minima parte. Ma, invece di cercare
correzioni e irrobustimenti, nella fase più recente ci si è buttati a
teorizzare la fine e lo smantellamento dello Stato sociale. Via il sistema
pensionistico, nel quale si esprime pure la solidarietà tra generazioni. Via un
servizio sanitario generalizzato, che dovrebbe realizzare anche solidarietà tra
ceti con diversa forza economica. Via una politica economica capace di offrire
solidarietà alle zone meno avanzate. Tutto questo procedeva di pari passo con
la proclamazione di una ideologia. Risuonava l’antico grido ”Arricchitevi!”, e
rimbalzava dalle copertine dei mensili per i ceti ”rampanti”. La solidarietà rischia
così di presentarsi addirittura come qualcosa di negativo. Chi deve duramente
far carriera, e soldi, non ha tempo per gli altri. E la stessa richiesta di
solidarietà può apparire come un segno di debolezza. Ma l’esigenza della
solidarietà riemerge ogni giorno come grande problema. Chi deve risolverlo? Un
libero gioco delle forze, affidato solo ad un ”privato sociale” che può
divenire persino fonte di nuove separazioni e ghetti, se ciascuno agisce per
offrire solidarietà soltanto ai ‘’suoi”? O, al termine della sbornia
neoliberista, siamo in grado di riacchiappare il filo che ci porta a recuperare
la solidarietà come valore? Dico valore, perché la solidarietà si pratica solo
dov’è sentita, non può nascere da imposizioni. Se allora ci guardiamo intorno,
ci accorgiamo da quante parti, e con quanta fatica, si cerchi di dar vita a
forme nuove di solidarietà, sciogliendo anche molte ambiguità che
accompagnavano questa parola. Ma questi sforzi generosi non possono essere
lasciati a loro stessi: politiche di stimolo e di sostegno, istituzioni
adeguate, sono oggi più che mai necessarie. (Meditazione su: L’Italia è un
paese solidale? di Stefano Rodotà, maggio 1987).
P A N E D O N A T
O
Questo pane
sapore particolare
mescola saliva
impasta labbra.
Candela rossa,
tenue fiamma,
con grande calore
brucia amarezze.
Illumina splendore
dei capelli rosso colore
e la rosina essiccata
fragrante profumo riemana.
Ricordo tavola imbandita
due gatte curiose adorna
la mano sulla mano calda
esalta nel giorno di festa.
Mette le ali un angelo
finalmente vola tremolando
come il verso lei pensiero
nella luce alito di bacio.
-Renzo Mazzetti-
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