NAZIONALIZZAZIONI

 

MARTEDÌ, 15 MAGGIO 2012

NAZIONALIZZAZIONI

L’Assemblea Costituente nazionalizza i beni della corona, della nobiltà, del clero: avviene nell’anno 1790, il tempo della rivoluzione francese. Il concetto di nazionalizzazione fa parte delle rivendicazioni democratiche e socialiste della classe operaia contro il capitalismo. Altra cosa sono le pseudo nazionalizzazioni, più adeguato dire: statizzazioni fatte da governi borghesi con sistemi economici capitalistici per trasferire nelle mani dello stato imprese private. Prima dell’anno 1915 abbiamo le statizzazioni di ferrovie, imprese di comunicazione, aziende del tabacco, fabbriche di armi; nel primo dopoguerra, dopo il 1918, statizzazioni di banche, società finanziarie, industrie. All’epoca della grande crisi negli anni 1929 – 1933 la statizzazione è lo strumento attraverso il quale i monopoli, padroni dello stato, scaricano sulle spalle del contribuente il passivo delle imprese di carattere bellico o quelle di pubblica utilità, di scarso o rischioso reddito, facilitando il processo di concentrazione monopolistica, riuscendo ad ottenere servizi e beni di base a prezzi più favorevoli, legittimando gravi situazioni di danni e sottrazioni al consumatore. Queste statizzazioni sono provvedimenti di carattere eccezionale, non rompono neppure in parte le strutture del capitale monopolistico, anzi servono a consolidare e allargarne il potere. Per cambiare lo stato di cose esistente socializzare: togliere via via al capitalismo il capitale per concentrare nelle mani dello stato, gli strumenti di produzione, centralizzazione del credito e banche pubbliche e cooperative, mezzi di trasporto, dell’istruzione. L’evoluzione del capitalismo imperialista, arrivato alla sua fase suprema (può durare ancora un secolo diceva Marcuse, ma, invece, può durare all’infinito, nella tragedia del suo gioco dell’oca), aggredisce impoverendo sempre più larghi strati della popolazione ed anche della piccola e media borghesia contadina e industriale, mentre l’involuzione della democrazia, attivando meccanismi di partecipazione non puramente democratici e genuini (vedi per esempio le leggi elettorali che hanno eliminato il proporzionale con una testa un voto libero ed uguale, frapposto soglie per accedere nelle istituzioni, malcostume e corruzione sfacciata e dilagante, qualunquismo e populismo) stimola una opposizione seria e intransigente per il ripristino delle regole veramente democratiche e partecipative. Le privatizzazioni e le liberalizzazioni sono una nociva degenerazione dello stato da avversare con progetti concreti di socializzazioni nei settori della istruzione, della finanza e banche, delle comunicazioni, delle aziende in crisi, dei beni naturali iniziando dall’acqua, delle fonti e dei risparmi energetici, della salvaguardia del patrimonio artistico e paesaggistico, della tutela della salute attuando i principi della prevenzione. Di questo pianeta Terra non più padroni predatori ma umani ospiti che sappiano dimostrare e apprezzare lo splendore delle ricchezze naturali e animali con la loro commossa felice riconoscenza. (Ricordo da un racconto di Tirella).

RIVOLUZIONE    DEI    COMUNARDI
E’ inteso che noi siamo deboli:
 voi avete fatto le leggi per asservirci,
 ma alle vostre leggi
 nessuno più obbedirà. E’ inteso
 che noi non vogliamo più essere schiavi.
 E’ inteso che noi abbiamo fame
 se vi lasciamo comandare,
 ma noi abbiamo constatato
 che solo un vetro
 ci separa dal pane che ci manca.
 Voi ci minacciate coi fucili,
 ci minacciate coi cannoni,
 ma noi abbiamo deciso di temere
 la miseria più della morte.
 E’ inteso che laggiù ci sono delle case
 e che noi non abbiamo un tetto,
 perciò abbiamo deciso di occuparle
 perché le nostre tane non ci bastano più.
 E’ inteso che c’è troppo carbone
 mentre noi moriamo dal freddo,
 perciò decidiamo di adoperarlo.
 E’ inteso che così avremo caldo.
 Voi ci minacciate coi fucili,
 ci minacciate coi cannoni,
 ma noi abbiamo deciso di temere
 la miseria più che la morte.
 E’ inteso che voi rifiutate
 di darci un salario migliore,
 perciò ci occuperemo le officine.
 E’ inteso che le fabbriche
 basteranno ai nostri bisogni.
 E’ inteso che noi non abbiamo fiducia
 nel governo, né in ciò che promette,
 abbiamo perciò deciso
 di migliorare la nostra sorte
 con le nostre mani.
 E’ inteso: voi ascolterete i cannoni.
 La loro parola
 è la sola parola che vi persuada.
 Perciò, ne vale la pena,
 li volteremo contro di voi.
 -Bertolt   Brecht-

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