ORDINAMENTO

 

DOMENICA, 19 FEBBRAIO 2012

ORDINAMENTO

Quanti giornali vecchi, non buttavi via proprio nulla. Tirella, con molta cura, rovistò nello scaffale e tirò fuori un pezzo ingiallito e mezzo strappato. Lesse: Giornale … sarà ecclesiastico? vedi c’è scritto curia di Bo… sarà Bologna? 1842… sarà l’anno? Proseguì la lettura: La Provvidenza ordinava gli uomini in modo tale che avessero a vivere nella società con facoltà e attitudini diverse, perché ne derivassero ordini e gerarchie distinte, quando dava agli uni attitudine di accumulare le ricchezze e di serbarle, o altre in grado elevato con le quali si potessero procacciare dovizie in copia, destinasse questi tali ed i loro discendenti ai godimenti e all’ozio mentre coloro che non hanno né fortuna né capacità avessero a travagliarsi penosamente sulle più dure fatiche. Perché se essi avessero molto ingegno e capacità, non si ridurrebbero a servire con le braccia, ma si gioverebbero delle forze dell’intelletto in esercizio delle scienze o dei pubblici ed elevati uffici. Anzi in questo si vuole benedire la Provvidenza, della quale è sapientissimo ordinamento che gli uomini nascano al mondo con facoltà e attitudini diverse non solo, ma con maggiore o minore capacità, perché così, mentre si serba la gerarchia necessaria al mantenimento della compagnia civile, i mediocri e tardi d’ingegno si danno agli uomini umili mestieri. Ed in fatto il maggior numero dei servi e degli operai, quando non vengano sovvertiti da teorie fallaci, e traggano dalle fatiche tanto che basti soddisfare ai propri bisogni, lavorano volentieri a crescere i comodi e i diletti altrui, vivono tranquilli, non si conturbano dell’umile condizione. E’ debito dei padroni di invogliare in questa parte e di osservare se usano alle Chiese, se intervengono alle prediche e frequentano i tribunali di penitenza. Se mancassero ai doveri cristiani siano solleciti a riprenderli severamente, usino l’autorità che hanno per per renderli timorati di Dio. Se tutti i servitori sono modesti, se non sono lussuriosi ghiotti o cupidi dell’altrui, il vantaggio deriva ai padroni, che da un lato ne ricevono molta quiete e tranquillità d’animo, dall’altra sono più sicure e meglio custodite le sostanze. O lavoratori non vi prenda mai la smania contagiosa di voler elevare i vostri figli più alto di quanto richiede la condizione vostra. Parlando, per esempio, al povero dei poveri, delle noie della ricchezza, e dei compensi della povertà, e queste massime confermando coi fatti che ne sono dimostrazione continua nella vostra, come in tutte le città del mondo, siete certi di piacere al povero e di piacergli. Non è necessario inasprire l’animo degli infelici contro chi possiede un tozzo di pane maggiore del loro, né parlare di quei diritti che allora meno sono goduti quando più se ne ciancia: basta dimostrare che tutti al mondo abbiamo le nostre gioie, tutti abbiamo i nostri dolori. Parliamo al popolo delle leggi che lo stringono alla società senza disputare della giustizia loro, che queste non sono dispute da tenersi con il popolo, ma insegnamo al popolo il modo di più virtuosamente osservarle.

A  L  L  A      P  O  S  T  E  R  I  T  A’
Idolo de gli eroi, terror de gli empi,
 Spesso delusa in tanti bronzi e marmi,
 Posterità; se a te ne’ tardi tempi
 Giungon miei carmi,
 Odili; non temer che de’ nipoti
 Tradisca il voto, o falso, a te ragioni,
 Ché a me de’ ricchi e de’ potenti, ignoti
 Furono i doni.
 Unico forse, de le ascree Sorelle
 In fra i seguaci, io libero, io ne’ gravi
 Modi d’alceo franco tonai fra imbelle
 Popol di schiavi.
 E mentre offrir godean plebei cantori
 A i coronati vizi aonio serto,
 Io le neglette osai cinger di fiori
 Are del merto.
 Ahi qual età!, qual Pindo! Ov’è chi accenso
 Vanti fra noi di patrio zelo il seno?
 Chi un Omero oggi imita, o chi l’immenso
 Lume d’Ismeno?
 Che se, tra il crocidar d’immondi augei,
 Qualche emerge talor voce sublime,
 Qual obietto, qual segno a dì sì rei
 Scelgon sue rime?…
 Quanti a te giungeran nomi d’ingegni
 Ammirandi a la plebe, e vil al prode!,
 E quanto oblio ne coprirà, che degni
 Foran di lode!
 -Luigi   Cerretti-

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