LIBIA

 

sabato, 8 ottobre 2011

LIBIA

 

Nella sezione socialista non mancavano dirigenti all’altezza dei compiti ed erano confortati dall’atteggiamento del popolo e dei lavoratori e d’altra parte non si trovavano soli sulla breccia, in quanto un gruppo anarchico locale li affiancava con una continua propaganda orale nelle vie e nelle piazze: il pericolo della guerra teneva desti coloro che sapevano, quando fosse stata dichiarata, di doverla fare. Nonostante la sfrenata campagna propagandistica in favore della nuova impresa coloniale, portata avanti con grandi mezzi e con ogni mezzo, quando, alla fine di settembre, venne diramato l’ordine dello sciopero generale preventivo contro la dichiarazione di guerra, esso venne accolto in Empoli e in tutto il circondario con consapevolezza. In Empoli, nonostante il forte concentramento di carabinieri, questurini, guardie di finanza e persino delle guardie di città incaricate di far rispettare l’ordine preventivamente dato dal governo che vietava riunioni, assembramenti e comizi, gran numero di scioperanti e di cittadini presero a convergere e concentrarsi alla Camera del Lavoro, richiedendo una pubblica manifestazione di condanna della guerra di conquista senza tener conto dei divieti. Parte dei dirigenti socialisti della corrente riformista si dichiararono contrari alla manifestazione, ma gli altri socialisti spalleggiati dai dirigenti sindacali e dagli iscritti alla Camera del Lavoro di parte anarchica vinsero la resistenza degli oppositori e, improvvisati alcuni cartelli con le scritte: ”Viva lo sciopero generale” e ”abbasso la guerra”, si ponevano alla testa di una forte colonna di popolo che prese a cantare inni rivoluzionari. La colonna si sciolse soltanto dopo essere stata fermata da un forte sbarramento armato, i cui uomini puntarono le armi sui dimostranti dopo i rituali tre squilli di tromba seguiti alla intimidazione di sciogliersi. Per evitare sicura sparatoria i dirigenti della manifestazione lanciarono la parola d’ordine di sciogliersi e di riunirsi nuovamente nei tradizionali luoghi di campagna e sulle rive dell’Arno, dove, circa un’ora dopo, diversi oratori improvvisati parlavano ai convenuti condannando l’avventura guerresca. Ieri come oggi, chi non accettava le guerre di conquista fatte per soli interessi del capitalismo e della finanza diventava un antipatriota. Su Il Piccolo del primo ottobre del 1911, Lenin commentava così l’impresa in Libia: ”L’Italia della rivoluzione borghese che si liberava dal giogo austriaco, l’Italia del tempo di Garibaldi, si trasformava definitivamente davanti ai nostri occhi nell’Italia che opprime altri popoli”. ( meditazione: il movimento operaio nell’empolese,1861-1946 di Libertario Guerrini).

 

 

 

M A G G I O       T R I P O L I N O    (parte)

 

In cielo e in terra un nuovo maggio è sorto,

 

si risveglia l’amore e l’ira tace,

 

suonan le trombe e le campane a morto

 

e il prete canta: requiscant in pace!

 

Allegri è maggio…

 

Allegri è maggio! Mille madri afflitte

 

piangono nelle squallide soffitte,

 

Nel tempio e presso le innocenti culle

 

sospiran le spose e le fanciulle.

 

Dalle ville campestri e dai palazzi,

 

dalle città, vengon confusi accenti,

 

sarebbero? Banchieri e lor ruffiani,

 

giornalisti e poeti dannunziani,

 

borghesi e fornitori militari:

 

Cosa stanno a parla? De’ loro affari!

 

Là dalla parte onde si leva il sole

 

giunge un eco di pianto, un grido acuto

 

come di gente… che agonizza implacata e par che muoia

 

di piombo e ferro o per la man di boja!

 

Allegri è maggio! Del buon Dio sull’ara

 

fiori e preci rechiam, la religione

 

della patria ci unisce, il pan rincara,

 

il vin cresce di prezzo e la pigione!

 

Allegri è maggio! Se non v’ha lavoro

 

c’è i buoni del ministro del tesoro,

 

gli aeroplani, i libici deserti,

 

della guerra col turco i frutti certi.

 

Plebe scarna che gridi? Infin che vuoi?

 

Ti par poco la fama e la tua gloria?

 

I figli morti non son forse tuoi?

 

Non è di te che parla oggi la storia?

 

Di questo ti consola e ti conforta,

 

esulta, primavera è alfin risolta?

 

I frutti del lavoro e della terra

 

non t’appartengono son bottino di guerra.

 

Non protestar contro l’arpie rapaci:

 

Lavora, suda, soffri, paga e taci!

 

-Italo Targioni- poeta-contadino-

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