BALLETTI
lunedì, 19 settembre 2011
BALLETTI
Ci risiamo. Di nuovo la Grecia, di nuovo l’Italia. L’Europa, ormai agonizzante, ripropone ogni mese gli stessi problemi che solo qualche giorno addietro aveva solennemente promesso di aver risolto. Ma come? Con i tagli selvaggi che si erano imposti ad Atene non si era rassicurato che la crisi greca fosse stata definitivamente sconfitta? L’intervento del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria avrebbe dovuto mettere un freno all’allargamento dello spread sui titoli di Atene e l’allungamento temporale dei prestiti doveva risolvere i problemi più urgenti di liquidità. Ed invece nuovamente si parla di bancarotta di Atene. In Italia la situazione è ancora più grottesca. L’Europa approva la manovra, poi, ancora prima che diventi legge, i governativi minacciano: state pronti ad altri interventi se il gettito fosse insufficiente. Ma che gente è questa qui che pretende di governarci? Non c’è un briciolo di piano strutturale, si continua con balletti di cifre ed interventi, si mette una pezza su ogni buco che si crea senza rendersi conto che ormai il tessuto originario ha ceduto e ogni nuovo intervento crea le condizioni per un nuovo e più largo buco.
La nuova pezza del governo italiano è l’ingresso della Cina sul mercato dei titoli di stato, con Pechino che potrebbe fare quello che sarebbe normale facessero la Bce o il Fesf, cioè acquistare Bot e Btp per abbassare il prezzo ed il rendimento richiesto dagli investitori. Rimane da chiedersi perché dovrebbe essere la Cina a salvare l’Europa mentre le istituzioni comunitarie abbandonano i paesi più in difficoltà. Anche in caso di successo – con che prezzo per la nostra sovranità lo potremo sapere solo dopo – questa soluzione sarebbe solo temporanea. L’altro pilastro della strategia governativa, nonostante si fosse promesso il contrario, è ora l’attacco alle pensioni. Non solo è iniquo, ingiusto ed inaccettabile far pagare le magagne di politiche economiche sbagliate ai più deboli e ai più poveri, ma anche i vantaggi economici dell’operazione-quota 100 sono risibili di fronte ai problemi che ci troviamo ad affrontare, che son di ben altra portata. Ma le questioni di fondo continuano a non essere toccate.
Ovunque si parla di rilanciare la crescita, ma di misure economiche in tal senso non vi è traccia. Eppure a Bruxelles ci dicono che va bene così, mostrando il vero volto, feroce e ignorante, della nomenclatura europea. Ad Atene come a Roma si pretende una immediata messa in sicurezza dei conti senza nessuna valutazione di sostenibilità dell’impianto economico.
Sempre e comunque la stessa logica: rassicuriamo i mercati, il resto verrà da sé. Infatti. Il resto sta venendo, ma non è quello che si auguravano dalle parti dell’Unione e della Banca Europea. Lo abbiamo detto e lo continuiamo a ripetere, rimettere a posto i conti senza una strategia più ampia di rilancio dell’economia è solo un futile (e criminale) esercizio di dilazione. Non solo: c’è modo e modo di risanare i conti. Lo si può fare in maniera recessiva colpendo lavoratori e consumatori, con l’ovvia appendice di successive manovre per rimettere mano ai conti scassinati dalla recessione. O si può intervenire in maniera virtuosa, con la patrimoniale, colpendo i redditi più alti e quindi con una propensione marginale al consumo assai più bassa. Quello che serve, dunque, è una patrimoniale seria, sul modello di quella proposta da Modiano, che, rastrellando fino a 200 miliardi di euro, contribuirebbe in maniera decisiva a ridurre il debito, riconquistare la fiducia dei mercati e, di conseguenza, abbassare in maniera consistente lo spread con i titoli tedeschi. A regime si libererebbero 9 miliardi di euro annui, tre volte il contributo che si spera di ottenere da una contro-riforma pensionistica, denaro utile per rilanciare l’occupazione e il salario (e dunque consumi, crescita ed investimenti) con interventi, ad esempio, sul cuneo fiscale.
Purtroppo una proposta di così tanto buon senso come la patrimoniale viene sostanzialmente ignorata dalle caste politiche di destra e di sinistra e solo Rifondazione Comunista la sostiene con forza. Quest’isolamento non deve però scoraggiarci. La politica, lo sappiamo, non la si fa solo nelle stanze dei partiti, la si fa anche nelle piazze. Una politica onesta e giusta che torni a parlare ai lavoratori perché solo rilanciando (e non penalizzando!) il lavoro potrà arrivare la salvezza della nostra economia.
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