RAGLI

 

VENERDÌ, 22 APRILE 2011

RAGLI

 

A Pinocchio gli vengono gli orecchi di ciuco, e poi diventa un ciuchino vero e comincia a ragliare. la sorpresa fu che, svegliandosi, gli venne fatto naturalmente di grattarsi il capo e si accorse… il burattino che fin dalla nascita aveva gli orecchi piccini piccini tanto piccini che, a occhio nudo, non si vedevano neppure. Immaginati come restò, quando nel toccare con mano che i suoi orecchi, durante la notte, erano così allungati, che parevano due spazzoloni. Riempì d’acqua la catinella del lavamano, e specchiandovisi dentro, vide quel che non avrebbe mai voluto vedere: vide la sua immagine abbellita di un magnifico paio di orecchi asinini. Pensa il dolore, la vergogna, e la disperazione di Pinocchio. Iniziò a piangere, a strillare, a battere la testa nel muro: ma quanto più si disperava, e più i suoi orecchi crescevano, crescevano, crescevano e diventavano pelosi verso la cima. Al rumore di quelle grida acutissime, entrò nella stanza una signora del piano di sopra: la quale, vedendo il burattino in così grande agitazione, gli domandò cosa avesse. Pinocchio disse di essere malato, molto malato, malato d’una malattia che fa paura. Hai anche una gran brutta febbre. È la febbre del somaro. Sappi dunque che fra due o tre ore tu non sarai più nè un burattino, né un ragazzo diventerai un ciuchino vero e proprio, come quelli che tirano il carretto e che portano i cavoli e l’insalata al mercato. Oh! povero me! povero me! gridò Pinocchio pigliandosi con le mani tutt’e due gli orecchi, e tirandoli e strapazzandoli rabbiosamente, come se fossero gli orecchi di un altro. Oramai è scritto nei decreti della sapienza, che tutti quei ragazzi svogliati che, pigliando a noia i libri, le scuole e i maestri, passano le loro giornate in balocchi, in giochi e in divertimenti, debbano finire prima o poi col trasformarsi in tanti piccoli somari. Ora i pianti sono inutili. Bisognava pensarci prima. Ma la colpa non è mia: la colpa è tutta di Lucignolo. E chi è questo Lucignolo? Un mio compagno di scuola. Io volevo tornare a casa: io volevo essere ubbidiente: io volevo seguitare a studiare e a farmi onore… ma Lucignolo mi disse: Perché vuoi tu annoiarti a studiare? perché vuoi andare alla scuola?… Vieni piuttosto con me, nel Paese dei balocchi: là non studieremo più, al paese dei balocchi ci divertiremo dalla mattina alla sera e staremo sempre allegri. E perché seguisti il consiglio di quel falso amico, perché?… perché io sono un burattino senza giudizio… e senza cuore. Oh! se avessi avuto un po’ di cuore, non avrei mai abbandonata quella buona Fata, che mi voleva bene come una mamma e che aveva fatto tanto per me!… e a quest’ora non sarei più un burattino… ma sarei invece un ragazzino per bene, come ce ne sono tanti! Oh!… ma se incontro Lucignolo, guai a lui! Gliene voglio dire un sacco e una sporta!… E fece l’atto di volere uscire. Ma quando fu sulla porta, si ricordò che aveva gli orecchi d’asino, e vergognandosi di mostrarli in pubblico, che cosa inventò? Prese un gran berretto di cotone, e, ficcatoselo in testa, se lo ingozzò fin sotto la punta del naso. (meditando su un ricordo d’infanzia: Pinocchio di Carlo Lorenzini).

 

RIVOLUZIONE

 

Ho visto una formica

 

in un giorno freddo e triste

 

donare alla cicala

 

metà delle sue provviste.

 

 

 

Tutto cambia: le nuvole,

 

le favole, le persone…

 

La formica si fa generosa…

 

E’ una rivoluzione.

 

 

 

-Gianni Rodari-

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