SERVENTI
martedì, 25 gennaio 2011
SERVENTI
Gli uomini tutti si
studiano di essere felici, e però se le dovizie, il grado, gli onori
partorissero felicità, sarebbero veramente invidiabili i ricchi, i potenti, e
tutti coloro che occupano i posti elevati nella gerarchia sociale. Ma la
felicità si trova in quell’appagamento dell’animo, che deriva dalla
tranquillità di coscienza. Quindi siccome la coscienza riposa sicura nella
integrità delle opere, ben apparisce che possiamo renderci felici in ogni
condizione di vita perché in ogni condizione di vita si può essere retti di
animo e mondi di ingiustizie. Non si querelino dunque serventi ed operai di
essere nati negl’infimi gradi dell’umano consorzio, poiché la Provvidenza ha
conceduto anche a loro intendimento e facoltà di concepire il bene e di operarlo,
e però essendo in poter di essi il vivere onestamente, così ne conseguita che
per egual modo è in loro potere di essere felici. [ Anche soffrendo la fame ].
Non si lasci il minuto popolo offuscare dallo splendore dell’oro, dalle pompe e
dagli ornamenti esterni, poiché se noi volessimo perscrutare gl’intimi sensi di
molti di coloro, i quali sembrano felici in mezzo a cotali delizie, forse
troveremmo che non son degni d’invidia, ma di compianto. (frammento di un
giornale ecclesiastico del 1842 dal titolo: Del rispetto, della benevolenza e
delle sollecitudini dei famigli dei garzoni e degli operai verso i padroni e i
capi bottega).
MARGHERITA
E come mani
che spogliano la bella
margherita colorata
tu miseria raccogli
i petali
da una casa all’altra
donando le briciole.
Dalla tua terra
che ad altri ridona
materna e rigogliosa
i frutti del sudore,
del caldo sole splendente,
del cielo terso e piangente,
del vento che porta
quel sapore di mare
dove tanti bei ricordi
scaturiti nei pianti della rugiada
dove il sudore stagna
sono lentamente tolti
dalla mano benigna dell’alba,
pieghi i tuoi steli vellutati
lasciando asilo a qualche insetto.
Somigli a quella fanciulla
che conobbe solo gli stracci
e non i vestitini candidi e colorati
coi quali ti illudi morendo
quando io, vile, ti colgo.
-Renzo Mazzetti-
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