IL GRANDE PRINCIPIO
domenica, 21 novembre 2010
Popolo di Francia! Per quindici secoli sei vissuto in
schiavitù, e quindi infelice. Da sei anni respiri a fatica, nell’attesa
dell’indipendenza, della felicità e dell’uguaglianza. L’uguaglianza! Primo voto
della natura, primo bisogno dell’uomo, e primo elemento di ogni associazione
legittima! Popolo di Francia! Tu non sei stato favorito più delle altre nazioni
che vegetano su questa misera terra!. Sempre e ovunque, la povera specie umana,
in preda ad antropofaghi più o meno scaltri, fu un trastullo per tutte le
ambizioni, fu un pascolo per tutte le tirannie. Sempre e ovunque si cullarono
gli uomini con belle parole: mai in nessun luogo hanno ottenuto la cosa
mediante parole. Da tempo immemorabile ci si ripete ipocritamente, gli uomini
sono uguali; e da tempo immemorabile l’ineguaglianza più avvilente e più
mostruosa pesa insolentemente sul genere umano. Da quando esistono società
civili, l’appannaggio più bello dell’uomo è riconosciuto senza opposizione, ma
non ha potuto ancora una sola volta realizzarsi: l’uguaglianza non fu altro che
una bella e sterile finzione della legge. Oggi, quando è richiesta da una voce
più potente, la risposta è: tacete, miserabili! L’uguaglianza di fatto non è
che una chimera; accontentatevi dell’uguaglianza relativa: voi tutti siete
uguali di fronte alla legge. Canaglia, e che vuoi di più? Che cosa vogliamo di
più? Legislatori, governanti, ricchi proprietari: ascoltate a vostra volta.
Siamo tutti uguali, non è vero? Questo principio è incontestato, perché, a meno
d’essere colpiti da follia, non si potrebbe dire seriamente che è notte quand’è
giorno. Ebbene, pretendiamo anche di vivere e di morire uguali come siamo nati:
vogliamo l’uguaglianza effettiva o la morte. Ecco quel che ci occorre. E, non
importa a qual prezzo, conquisteremo questa uguaglianza reale. Guai a coloro
che si porranno tra essa e noi! Guai a chi si opporrà a un voto così
pronunciato! La Rivoluzione francese non è che l’avanguardia di un’altra
rivoluzione più grande, più solenne: l’ultima rivoluzione. Il popolo ha marciato
sui corpi dei re e dei potenti coalizzati contro di lui: così accadrà dei nuovi
tiranni, dei nuovi tartufi politici, assisi al posto dei vecchi. Di che
necessitiamo, oltre all’uguaglianza dei diritti? Noi non abbiamo soltanto
bisogno di questa uguaglianza, quale risulta dalla Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino: la vogliamo in mezzo a noi, sotto il tetto delle
nostre case. Siamo disposti a tutto, a far tabula rasa per conservar essa sola.
Periscano, se necessario, tutte le arti, purché ci resti l’uguaglianza reale!
Legislatori e governanti, che non avete ingegno più che buona fede, proprietari
ricchi e senza cuore, invano tentate di neutralizzare la nostra santa impresa,
dicendo: essi non fanno altro che riprodurre quella legge agraria, richiesta
già parecchie volte in passato. Calunniatori, tacete a vostra volta e, nel
silenzio della confessione, ascoltate le nostre pretese, dettate dalla natura e
basate sulla giustizia. La legge agraria o la divisione delle terre fu
l’aspirazione momentanea di alcuni soldati senza principi, di alcune
popolazioni spinte dal loro istinto più che dalla ragione. Noi miriamo a
qualcosa di più sublime e di più equo, il bene comune, o la comunità dei beni!
Non più proprietà privata della terra: la terra non è di nessuno. Noi
reclamiamo, vogliamo il godimento comune dei frutti della terra: i frutti
appartengono a tutti. Dichiariamo di non poter ulteriormente permettere che la
grande maggioranza degli uomini lavori e sudi al servizio e per piacere di una
piccola minoranza. Da troppo tempo meno di un milione di individui ha a propria
disposizione quanto appartiene a più di venti milioni di loro simili, di loro
eguali. Abbia infine termine questo qrande scandalo, cui i nostri nipoti non
vorranno prestar fede! Sparite, infine, disgustose distinzioni fra ricchi e
poveri, fra grandi e piccoli, fra padroni e servi, fra governanti e governati.
Tra gli uomini non vi sia più altra differenza che quella data dall’età e dal
sesso. Giacché tutti hanno medesimi bisogni e le medesime facoltà, non ci sia
dunque più per essi che una sola educazione, che un solo nutrimento. Tutti si
accontentano di un unico sole e di una sola aria: perché le stesse quantità e
qualità di alimenti non dovrebbero bastare a ciascuno di essi? Ma già i nemici
dell’ordine di cose più naturale che si possa immaginare declamano contro di
noi. Disorganizzatori e faziosi, ci dicono, voi non volete che massacri e
bottino.
Popolo di Francia!
Non perderemo il nostro tempo a risponder loro, ma ti diremo: la santa impresa che organizziamo non ha altro scopo che di porre un termine alle lotte civili e alla miseria pubblica. Mai disegno più vasto è stato concepito e posto in esecuzione. Da quando in quando alcuni uomini d’ingegno, alcuni saggi, ne hanno parlato con voce bassa e tremante. Nessuno di essi ha avuto il coraggio di dire l’intera verità. Il momento delle grandi misure è giunto. Il male è al colmo: copre la faccia della terra. Il caos, sotto il nome di politica, regna su di essa da troppo secoli. Che tutto rientri nell’ordine e riprenda il suo posto. All’appello dell’uguaglianza, gli elementi della giustizia e della felicità si organizzino. E’ giunto il momento di fondare la Repubblica degli uguali, questo grande rifugio aperto a tutti gli uomini. Sono giunti i giorni della restituzione generale. Famiglie sofferenti, venite a sedervi alla tavola comune eretta dalla natura per tutti i suoi figli.
Popolo di Francia!
A te era dunque riservata la più splendente di tutte le glorie! Sì, tu, per primo, offrirai al mondo questo commovente spettacolo. Vecchie abitudini, pregiudizi antichi cercheranno di nuovo di impedire la fondazione della Repubblica degli uguali. L’organizzazione dell’uguaglianza effettiva, la sola che soddisfi tutte le necessità, senza fare delle vittime, senza costare sacrifici, non piacerà forse, all’inizio a tutti. Gli egoisti, gli ambiziosi, fremeranno di rabbia. Coloro che possiedono ingiustamente grideranno all’ingiustizia. I godimenti individuali, i piaceri solitari, gli agi personali, causeranno un vivo rimpianto a individui indifferenti alle sofferenze altrui. Gli amanti del potere assoluto, i vili sostenitori dell’autorità arbitraria, piegheranno a stento le loro teste superbe sotto il livello dell’uguaglianza reale. La loro corta vista difficilmente penetrerà nel prossimo futuro della felicità comune; ma, che possono alcune migliaia di scontenti contro una massa di uomini, tutti soddisfatti, e sorpresi d’aver cercato per tanto tempo una felicità che essi avevano sotto mano? Il giorno dopo questa genuina rivoluzione, essi, tutti stupiti, si diranno: e che! La felicità comune costava così poco? Non dovevamo che volerla. Ah! Perché non l’abbiamo voluta prima? Bisognava dunque farcelo ripetere tante volte? Sì, senza dubbio, basta che, sulla terra, un sol uomo sia più ricco e più potente dei suoi simili, dei suoi uguali, e l’equilibrio è rotto: il delitto e la sfortuna sono nel mondo.
Popolo di Francia!
Da quel segno puoi ormai riconoscere l’eccellenza di una Costituzione?… Quella che poggia interamente sull’uguaglianza di fatto è l’unica che sia conveniente per te e soddisfi tutte le tue aspirazioni. Le carte aristocratiche del 1791 e del 1795 ribadivano i tuoi ferri invece di spezzarli. Quella del 1793 era un grande passo mosso verso l’uguaglianza reale: ancora non le si era giunti tanto vicini; ma essa non conseguiva ancora lo scopo e non approdava affatto all’uguaglianza comune, della quale, però, consacrava solennemente il grande principio.
Popolo di Francia!
Apri gli occhi e il cuore di fronte alla pienezza della felicità: riconosci e proclama con noi la Repubblica degli uguali. -MANIFESTO DEGLI UGUALI, 1797-
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