L’ISTERICO
domenica, 24 ottobre 2010
L’ISTERICO
Pensando al Duemila si sono dette tante sciocchezze: punto zero, sviluppo zero, previsioni… Ormai il domani è talmente vicino, credo che sarà come adesso… Parlare di adesso, quindi, significa anche parlare di domani. Potremmo parlare di come si sta modificando l’individuo o verso quale direzione sta andando. Per anni abbiamo combattuto cercando di distinguere tra quello che è falso e quello che è vero. Io credo che accettare il falso e il vero come la nostra condizione intrinseca è l’unica possibilità. Il falso e il vero dentro di noi. C’è un nuovo elemento che è diverso dal falso e dal vero, ed è l’isterico.
L’isterico è l’inventato, il complementare astratto, che diventa realtà importante della nostra quotidianità. Se una battaglia va fatta, quindi, è contro l’isterico, che credo sia l’elemento più pericoloso del nostro futuro. Io il ‘68 l’ho amato, mi dispiace che si sia un po’ perduto per strada, che quella razza lì non ci sia più. Non faccio un discorso politico, perché di politica non è che ne capisca molto, però mi sembrava che quella generazione rispetto alla mia fosse una generazione migliore, che aveva un’ansia di conoscenza, un desiderio di sapere, di andare in fondo alle cose che a me è piaciuto molto.
La variazione reale che c’è stata, secondo me, riguarda soprattutto le donne. Credo che le donne siano cambiate, l’unico momento positivo che ci ha lasciato quel periodo, con tutte quelle istanze, con tutti quei tentativi, è proprio il cambiamento delle donne. Ancora oggi quando vado in giro per l’Italia trovo delle situazioni profondamente migliori di prima proprio dove le donne hanno acquistato una maggiore sicurezza di sé stesse, dove, evidentemente, sono più libere di agire e, quindi, di fare delle cose.
Mi sembrava molto interessante in quel periodo il rifiuto di un modello di sviluppo e anche di crescita personale, un rifiuto totale che cercava altre direzioni. Credo che in quegli anni si siano dette tante stupidaggini, ma che vi siano stati anche tanti tentativi veri per aprirsi una strada diversa. Dopo sono arrivati i politici e lì, secondo me, è successo un po’ un guaio, perché i politici hanno rifondato sul ‘68 una politica vecchia. Quando ci sono dei movimenti di massa arrivano subito quelli che vogliono interpretare e a quel punto ricomincia la solita storia perché i movimenti di massa, comprese le masse, compresi gli individui, non sanno bene cosa stanno facendo, però fanno.
Per quanto riguarda la musica mi occupo un po’ meno. Mi interessa di più il teatro. Comunque, vi posso dire che sono per una linea di resistenza contro il dilagare della musica anglosassone. Gli americani ci stanno colonizzando, ci stanno togliendo la nostra identità. Quando io vedo i giovani delirare per le musiche d’oltreoceano, penso che stiano compiendo un tradimento del mezzo: perché la canzone è fatta di musica e di parole e la maggioranza di loro, che già sa poco di musica, non sa nemmeno una parola di inglese. Ragion per cui gli autori che continuo ad amare sono i soliti vecchi amici: Paoli, Jannacci, Guccini, Dalla, anche Battiato.
Quando si parla di futuro, si parla sempre della Bomba. Non sento molto questo problema. Io credo che l’uomo abbia delle capacità di adattamento notevolissime, solo il topo ci frega, credo che il topo ci distruggerà, è fortissimo. Però credo che noi in quel senso ce la caveremo, se non deperiremo tutti per l’inquinamento psicologico che è quello più preoccupante. Io mi preoccupo più di quello, comunque.
Del mondo telematico, informatico, elettronico, che cosa pensi? Ti fa paura o no? Devo dirti che sono un conservatore, come tutti quelli che si oppongono al nucleare. Una sana forza conservatrice credo animi i più progressisti. Io, tra l’altro, aborro – parlo in questo caso del mio lavoro specifico – i mezzi effettistici che ci arrivano dall’America, e ritengo che, per lo meno per il mio mestiere, la risposta dev’essere di tutt’altro tipo. Nell’ambito, poi, della rivoluzione elettronica, cioè di quello che sta succedendo, io credo che ci saranno molti cambiamenti nell’industria, nel commercio, nell’economia, ecc. Però tutto sommato cambiamenti minimi. Le più grandi invenzioni, in fondo, sono state la ruota e lo specchio, dopodiché non è cambiato più molto e neanche l’informatica cambierà molto.-Giorgio Gaber- STRALCI; Così si aggiorna la ballata del Cerutti Gino di G.Borgna e L. Bando, Incontro al duemila, l’unità,1986.
VEDI: A DISPOSIZIONE DEL PARTITO
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