ISTUPIDITI
lunedì, 25 ottobre 2010
ISTUPIDITI
Molti, troppi fra voi, sono poveri. Pei tre quarti almeno
degli uomini che appartengono alla classe operaia, agricola o industriale, la
vita è una lotta d’ogni giorno per conquistarsi i mezzi indispensabili
all’esistenza. Essi lavorano colle loro braccia dieci, dodici, talvolta
quattordici ore della giornata, e che da questo assiduo, monotono, penoso
lavoro, ritraggono appena il necessario alla vita fisica. Insegnare ad essi il
dovere di progredire, parlar loro di vita intellettuale e morale, di diritti politici,
di educazione, è, nell’ordine sociale attuale, una vera ironia. Essi non hanno
tempo né mezzi per progredire, perché spossati, affranti, pressoché istupiditi
da una vita spesa in poche operazioni meccaniche. E’ tristissima condizione e
bisogna mutarla… Taluni fra i vostri più timidi amici hanno cercato il rimedio
nella moralità dell’operaio. Fondando casse di risparmio o altre simili
istituzioni, hanno detto agli operai: recate qui il vostro soldo: economizzate:
astenetevi da ogni eccesso nella bevanda o in altro: emancipatevi dalla miseria
colle privazioni. E sono ottimi consigli perché mirano alla moralizzazione
dell’operaio, senza la quale tutte le riforme riescono inutili. Ma né sciolgono
la questione della miseria intorno alla quale io vi parlo, né tengono conto
alcuno del dovere sociale… Altri, non nemici, ma poco curanti del popolo e del
grido di dolore che sorge dalle viscere degli uomini del lavoro, paurosi d’ogni
innovazione potente, e legati a una scuola detta degli economisti che combatté
con merito e con vantaggio di tutti le battaglie della libertà dell’industria,
ma senza por mente alla necessità di progresso e di associazione inseparabili
anch’esse dalla natura umana, sostennero e sostengono, come i filantropi de’
quali or ora parlai, che ciascuno può, anche nella condizione di cose attuale,
edificare colla propria attività la propria indipendenza; che ogni mutamento
nella costituzione del lavoro riuscirebbe superfluo o dannoso; e che la formula
ciascuno per sé, libertà per tutti è sufficiente a creare a poco a poco un
equilibrio approssimativo d’agi e conforti fra le classi che costituiscono la
Società. Libertà di traffici interni, libertà di commercio fra le nazioni,
abbassamento progressivo delle tariffe daziarie specialmente sulle materie
prime, incoraggiamenti dati generalmente alle grandi imprese industriali, alla
moltiplicazione delle vie di comunicazione, alle macchine che rendono più
attiva la produzione: questo è quanto, secondo gli economisti, può farsi dalla
Società: ogni suo intervento al di là, per essi, sorgente di male… Quei rimedi
non mirano infatti che ad accrescere possibilmente e per un certo tempo la
produzione della ricchezza, non a farne più equa la distribuzione. Mentre i
filantropi contemplano unicamente l’uomo e s’affannano a renderlo più morale
senza farsi carico d’accrescere, per dargli campo a migliorarsi, la ricchezza
comune, gli economisti non guardano che a fecondare le sorgenti della
produzione senza occuparsi dell’uomo. Oggi il capitale – e questa è la piaga della
Società economica attuale – è despota del lavoro. Delle tre classi che oggi
formano, economicamente, la Società – capitalisti, cioè detentori dei mezzi o
strumenti del lavoro, terre, fattorie, numerario, materie prime –
intraprenditori, capi-lavoro, commercianti, che rappresentano o dovrebbero
rappresentare l’intelletto – e operai che rappresentano il lavoro manuale – la
prima, sola, è padrona del campo, padrona di promuovere, indugiare, accelerare,
dirigere verso certi fini il lavoro…
I N D O V I N A L’
I N D O V I N E L L O:
D I C H I E’
Q U E S T O S C R
I T T O?
?????????????????????????????????????????????????????????
[ CERCA: ORRORI ]
SPERANZA
Rovinaste vite umane e animali
rovinaste tutte quelle presenti
quelle future rimaste contagiate
ancora soffrire nongioiose.
Mentalità spontanee
di un ceppo antico cavernoso
peggior d’animale imbestialito
non viver d’umano ignaro
di animale dell’istinto.
E sì
si ribella ogni sapiente
seppur analfabeta
coll’impulso del cuor
sensibile e ben vivo
aspirar a nuova èra.
-Renzo Mazzetti-
Commenti
Posta un commento