IMBECILLI!

mercoledì, 29 settembre 2010

IMBECILLI!

IMBECILLI! – Scrittore difficile e straordinario, intellettuale scomodo per qualunque gruppo politico o organizzazione di cui abbia fatto parte, Bernanos ci ha lasciato un insieme complesso di opere che sfugge costantemente a ogni rigida collocazione. Scrittore cattolico: certo. Egli ha riproposto con forza la dimensione religiosa dell’esistenza. Il mondo è il teatro dello scontro incessante fra il bene e il male, fra Dio e Satana, e ogni istante della nostra povera vita è segnato dalla spaventevole presenza del divino. La sua è una religiosità intransigente, appassionata, dostojevskiana, che si accosta – in uno slancio di redenzione – all’assassino, al suicida, e disdegna l’indifferenza, la freddezza del benpensante: l’inferno, come ripete tante volte, è il gelo. Eppure Bernanos, così legato alla tradizione e alla stessa ortodossia, è stato uno scrittore scomodo per la Chiesa cattolica. Arrivò a scrivere nel suo celebre libro I grandi cimiteri sotto la luna: Lo scandalo che da lei mi proviene m’ha ferito l’anima nel vivo, alla radice stessa della speranza. Quotidiani gli assassini dei franchisti in Spagna e, da parte delle autorità ecclesiastiche, non una parola di biasimo. Bernanos si dichiarava monarchico. Voi siete monarchico, discepolo di Drumont – che m’importa? Voi mi siete, senza confronto, più vicino dei miei compagni delle milizie di Aragon, di quei compagni che, pure, amavo. Sono parole che Simone Weil scrisse commossa a Bernanos nel 1938, e che esprimono bene anche quell’elemento di contraddittorietà che spesso si avverte nei suoi confronti. A quell’epoca, egli era uno scrittore già molto conosciuto. Il suo primo romanzo Sotto il sole di Satana aveva ottenuto un notevole successo; era nota la sua partecipazione all’attività politica dell’Action francaise e la sua successiva e clamorosa rottura con Maurras; il suo libro La grande paura dei benpensanti aveva fatto scalpore. L’esperienza della guerra di Spagna allontanò decisamente Bernanos dalle correnti conservatrici europee. Sono ancor oggi importanti non solo le sue analisi sulla violenza e sul radicamento di massa del fascismo e del nazismo, ma anche le sue critiche, in particolare alla Francia, per la debolezza della sua opposizione. Non per questo Bernanos divenne democratico. Continuò a dichiararsi, appunto, monarchico, esprimendo così, in realtà, più che una effettiva posizione politica, un giudizio di valore: la società francese del passato gli sembrava indubbiamente migliore di quella contemporanea. Difendendola, Bernanos intendeva difendere un mondo che gli sembrava più libero, più articolato: un mondo in cui i privilegi e le differenziazioni corporative garantivano in realtà maggiore autonomia e libertà; un mondo non ancora inaridito, in cui l’onore, il coraggio, la religiosità degli uomini erano salvaguardati. Lo stato moderno, la democrazia moderna nascono simbolicamente per Bernanos con la coscrizione obbligatoria, con l’obbligo di morire in massa per la nazione. In questo senso la legge uguale per tutti è solo apparentemente liberatoria, in realtà è livellatrice e oppressiva. Una borghesia avida e affaristica ha sostituito l’antica aristocrazia, e il suo potere sui deboli è ancora più duro: la competizione violenta, il possesso del denaro, la produzione in vista di guerre sempre più micidiali; ecco le caratteristiche della società in cui viviamo. L’uomo è lasciato nella più completa solitudine, che è tanto più profonda perché egli si è contemporaneamente allontanato dal cristianesimo. La società attuale è per Bernanos l’inferno descritto ne Il signor Ouine, un inferno di diffidenza e di odio, in cui gli uomini si aggirano impazziti senza sapere dove andare. In questo mondo i più deboli sono più che mai oppressi: i poveri sono sempre più spogliati e degradati, i bambini umiliati. Né il liberismo né il marxismo hanno alcuna risposta da offrire: rappresentano due facce della stessa medaglia, perché hanno contribuito entrambi ad allontanare l’uomo dalla religiosità, riducendolo entro i limiti angusti di una dimensione puramente economica e materialistica. Queste convinzioni isolarono progressivamente Bernanos, soprattutto dopo il ‘45. La Francia in cui egli rientrò era, nonostante tutte le difficoltà, fiduciosa, in seguito a quella lotta di Liberazione cui, peraltro, anch’egli aveva offerto il suo contributo. Ma il giudizio negativo di Bernanos sulla democrazia moderna anziché mitigarsi si rafforzava, soprattutto di fronte al dilatarsi opprimente dello sviluppo scientifico e tecnologico. Già nel ‘31 aveva scritto: La guerra è lo stato normale, naturale, necessario di una società che si vanta di non dover nulla alle esperienze del passato, e si organizza per seguire a passo a passo la scienza nelle sue pretese trasformazioni. I decenni successivi non avevano fatto che confermare le sue tragiche previsioni. Le bombe su Hiroshima e Nagasaki avevano aggiunto – se possibile – altro orrore. Imbecilli! continua a ripetere Bernanos imbecilli! Quale progresso? Quale Democrazia? Il mondo, impazzito, gira a vuoto. L’umanità, ossessionata dall’idea del suicidio, sembra avviarsi istupidita e rassegnata verso la sua distruzione. La speranza – sacra per Bernanos – è ancora possibile? Forse: Si tratta di compiere una rivoluzione della libertà, che sarà anche, che sarà essenzialmente un’esplosione delle forze spirituali del mondo, analoga a quella di duemila anni fa; anzi la stessa. Georges Bernanos ha rifiutato per tre volte la Legion d’Onore, che gli era stato offerta. A più di dieci anni dalla morte, ha trovato un interprete d’eccezione in Robert Bresson, che ha tratto dal Diario di un curato di campagna e da Nuova storia di Mouchette due dei suoi film più significativi. (Georges Bernanos: Diario di un curato di campagna, presentazione,Famiglia Cristiana,1997,supplemento).

 GENTILISSIMA
 Spero tanto tu ricordi
 mia novella Musa
 quei dimenticati versi
 dalla novantaduenne dettatemi
 mentre l’accompagnavo al suo letto
 “ All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
 confortate di pianto è forse il sonno”
 … Ella recitava sollecitando mio intelletto.
 La nostra memoria
 suggerì nomi d’illustri
 ma sull’autore restammo dubbiosi.
 All’indomani per caso
 in tasca rimase l’appunto
 mio prete colto
 nell’ascoltar la lettura
 al secondo verso: “ Foscolo! “ “ Sepolcri! “.
 Svelto dallo scaffale
 estrasse il volume
 rovistando tra le pagine
 cominciò a leggere declamando.
 Ti dico un’ora
 e forse di più restammo
 a declamare e commentare
 quei versi del Sommo
 che suonava già mezzogiorno.
 Entrammo nella bella Chiesa
 dei Montopolesi grande meta
 insieme recitammo la preghiera
 e al desco quasi familiare
 pranzammo con due devote.
 Nella biblioteca comunale
 preso in prestito il volume
 m’appresto a ristudiare
 e ancor m’esalto
 ingigantendo il cuore.
 -Renzo Mazzetti-

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