CHE FILM! BIS
sabato, 21 agosto 2010
CHE FILM! BIS
Et latet et lucet Phaethontide condita gutta, ut videatur apis nectare clusa suo. Dignum tantorum pretium tulit illa laborum: credibile est ipsam sic voluisse mori. Bravo! Un’altra storia, raccontaci un’altra storia. Datemi da bere ancora di quel rosso fuoco. Bevuto un lungo sorso, asciugato col panno l’umido mento, assunta un’aria assorta, con gli occhi rivolti alla trave del soffitto, con tono solenne: Ci sono cose che rendono certamente lieta la vita come un patrimonio non accumulato con fatica ma lasciato in eredità; un podere che mi ripaghi delle cure e un focolare sempre acceso; processi mai, obblighi di cliente pochi; una mente serena; vigore ma non da schiavo, un fisico sano, una prudente franchezza, amici pari a me; commensali affabili, una tavola buona; sonni senza ubriachezza ma privi anche di preoccupazioni; una donna allegra e contegnosa insieme; un sonno che abbrevia le tenebre; voler essere quello che si è e non preferire nient’altro; non aver timore e neppure desiderio della morte. Questi sono gli ingredienti della felicità, esclama Marziale. E’ ora tutti a dormire, dice l’oste spalancando la porta e facendo il gesto che non lascia dubbi. Adattatosi a fare il cliente ma sempre uomo libero aveva un generoso patronus che lo faceva mangiar bene; correva da una casa all’altra porgendo all’alba di ogni mattina il buongiorno; accompagnava alla terme e nelle varie visite, faceva da battistrada, allargando le braccia sotto all’ampia toga, davanti alla lettiga per far posto tra la folla; correva di qua e di là per tutta Roma per fare le deferenze, per rendere servigi di vario genere. Caro amico, ho nostalgia di Bilbili, dice melanconico Marziale, ti stupisci Avito perché io, che sono invecchiato a Roma, parlo troppo spesso di popoli lontani e ho sete delle acque aurifere del Tago e del patrio Salone e ritorno col pensiero ai campi coltivati con semplicità intorno alla casa modesta colma dei loro prodotti. Amo quella terra in cui un piccolo patrimonio mi fa felice e modeste risorse creano l’abbondanza. Qui il campo deve essere mantenuto, lì ti mantiene; qui il focolare è tiepido per la fiamma stentata, lì splende di una gran luce; qui aver appetito fa spendere molto e il mercato ti manda in fallimento, lì la tavola è coperta dei frutti abbondanti della sua campagna. Qui si consumano in un’estate quattro toghe e anche più, lì una toga mi copre per quattro autunni. Vai ora a rendere omaggio ai signori, mentre quel luogo ti può offrire tutto quello che, Avito, un amico non ti dà. Uno scrosciante applauso accoglie l’ultima immagine dell’emigrato; mentre si accendono le luci nella sala, la mamma dice al figlio: Hai sentito come latineggiava? Benigni è stato grande, che film!
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