EMMEKAPPA
giovedì, 24 giugno 2010
EMMEKAPPA
A me, che non ero mai stato soldato, che non avevo mai
combattuto in battaglia, che non avevo mai sparato sul nemico, venne affidato
il compito di reclutare un esercito. Sarebbe stato un compito gravoso per un
generale veterano, figuriamoci per un politico digiuno di cose militari. Il
nome della nuova organizzazione fu Umkhonto we Sizwe (La lancia della nazione),
o per brevità MK [emmekappa]. La lancia fu scelta come simbolo perché con
quella semplice arma gli africani avevano resistito per secoli alle incursioni
dei bianchi. Benché nell’esecutivo dell’Anc non fossero ammessi i bianchi, l’MK
non era soggetto a simili restrizioni. Reclutai immediatamente Joe Slovo, e
assieme a Walter Sisulu formammo l’Alto comando con me come presidente. Tramite
Joe, mi assicurai la collaborazione dei bianchi del Cummunist Party che avevano
già aptato per la linea dura e avevano già compiuto atti di sabotaggio come
tagliare le linee di comunicazione telefoniche del governo. Reclutammo Jack
Hodgson, che aveva combattuto nella Seconda guerra mondiale con la Springbok
Legion, e Rusty Bernstein, entrambi membri del partito. Jack divenne il nostro
primo esperto di demolizioni. Il nostro compito era quello di intraprendere
azioni violente ai danni dello stato – precisamente quali non avevamo ancora
deciso. Era nostra intenzione cominciare con gesti che danneggiassero lo stato
il più possibile, senza pregiudizio per le persone. Cominciai nell’unico modo
che sapevo: leggendo e parlando con gli esperti. Cercavo di capire quali
fossero le condizioni di base per avviare un processo rivoluzionario. Scoprii
che c’era grande abbondanza di scritti in materia, e lessi tutto quello che
riuscii a trovare in merito alla lotta armata e in particolare alla guerriglia.
Volevo capire quali fossero le condizioni più favorevoli per la guerriglia;
come si dovesse formare, addestrare, e mantenere un esercito guerrigliero; di
quali armi dovesse essere dotato; dove si sarebbe procurato le forniture: tutti
questioni elementari e di base. Ero interessato a ogni tipo di fonte. Lessi il
resoconto di Blas Roca, segretario generale del Partito comunista cubano, sugli
anni in cui il partito era illegale durante il regime di Batista. In Commando,
di Deneys Reitz, trovai le tattiche di guerra non convenzionali dei generali
boeri durante la guerra anglo-boera. Lessi opere di e su Che Guevara, Mao
Tse-tung, Fidel Castro. Nel brillante libro di Snow Stella rossa sulla Cina
scoprii che erano stati la sua determinazione e il suo pensiero non
tradizionale a condurre Mao alla vittoria. Leggendo La rivolta, di Menachem
Begin, fui incoraggiato dal fatto che i leader israeliani avevano condotto la
guerriglia in un paese privo di montagne e di foreste, com’era anche il nostro.
Ero ansioso di apprendere altro sulla lotta del popolo etiope contro Mussolini,
e sugli eserciti guerriglieri del Kenya, dell’Algeria e del Camerun. Indagai
nel passato del Sudafrica. Studiai la storia del paese sia prima sia dopo la
venuta dei bianchi. Rovai notizie sulle guerre degli africani contro gli
africani, degli africani contro i bianchi, dei bianchi contro i bianchi. Mi
feci un quadro delle principali aree industriali del paese, del sistema di
trasporti nazionale, della rete di comunicazioni. Accumulai mappe dettagliate e
analizzai sistematicamente il territorio delle varie regioni. Il 26 giugno
1961, nell’anniversario del Freedom Day, inviai ai giornali sudafricani una
lettera dalla clandestinità, che elogiava la popolazione per il coraggio
dimostrato durante la recente astensione e lanciava un ennesimo appello per la
convocazione di un’assemblea costituente. Inoltre proclamai che avremmo indetto
una campagna nazionale di noncooperazione se lo stato avesse rifiutato di
convocare l’assemblea. Ecco alcune parti della mia lettera: Sono informato che
è stato emesso nei miei confronti un mandato di cattura e che la polizia mi sta
cercando. Il Consiglio d’azione nazionale ha analizzato seriamente la questione
in tutti i dettagli… e mi ha consigliato di non costituirmi. Ho accettato quel
consiglio e non mi consegnerò a un governo che non riconosco. Qualsiasi
politico serio si renderà conto che nelle condizioni in cui versa attualmente
il paese, cercare di abbassare il prezzo del martirio consegnandomi alla
polizia sarebbe ingenuo e criminale… Ho scelto questa linea d’azione, che è più
difficile e comporta rischi e sofferenze maggiori che starsene tranquilli in
prigione. Ho dovuto separarmi dalla mia amata moglie e dai miei figli, da mia
madre e dalle mie sorelle, per vivere da fuorilegge nel mio paese. Ho dovuto
cessare la mia attività, abbandonare la mia professione, e vivere poveramente
come succede a molti del mio popolo… Combatterò il governo al vostro fianco,
minuto per minuto, anno per anno, fino alla vittoria. Che cosa intendete fare?
Vivere con noi o collaborare con il governo nel tentativo di soffocare le
richieste e reprimere le aspirazioni del vostro popolo? Intendete essere muti e
neutrali in una questione di vita o di morte per la mia gente, per la vostra
gente? Da parte mia ho fatto una scelta: non lascerò il Sudafrica e non mi
arrenderò. Solo attraverso la sofferenza, il sacrificio e l’azione militante
potremo conquistare la libertà. La lotta è la mia vita. Continuerò a combattere
per la libertà fino alla morte. Meditazione su: Nelson Mandela, Lungo cammino verso la
libertà, Feltrinelli.
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