CHIOCCIOLE

domenica, 31 gennaio 2010

CHIOCCIOLE

Incontriamo la vicina e guardandoci con gli occhi spalancati esclama: Come siete bagnati! E’ vero, però ne è valsa la pena, risponde la nonna, mentre fa vedere il secchio pieno di chiocciole; poi, rivolta a me: fai vedere anche tu quante ne hai. Allungo il braccio e con orgoglio mostro le mie prede prigioniere nel secchiello. Oh, piccino, come sei bravo! Anche a me e a tutti di casa piacciono molto, le mangiamo sempre alla festa dell’Unità, ma ancora non ho imparato come si fa per cucinarle. Senti, disse la nonna, ci vuole tanto tempo e tanta pazienza. Ora, per prima cosa, le sistemiamo dentro alla gabbia, dove mio marito, quando andava a caccia, teneva gli uccelli da richiamo; resteranno, in purga, a digiuno, almeno una settimana. Allora, mi dici come le fai? Prendo un tegame molto grande (come quello dove cuoci la polenta) nell’olio, nostro, faccio il soffritto con un battuto di tutti gli odori, aggiungo il rigatino tagliato a striscioline, ci faccio evaporare un bicchier di vino rosso, aggiungo una foglia di alloro, un pezzetto di peperoncino piccante, un po’ di nepitella, dopo metto i pomodori, sale; mentre la salsa nel tegame cuoce piano-piano, prendo le chiocciole: inizio a lavarle bene-bene, con sette-otto acque, io alterno poco aceto, con un po’ di bicarbonato e tanta-tanta acqua, da ultimo, pensa, le pulisco una ad una, vive! Poi le immergo in un pentolone, così finiscono di spurgare, infatti l’acqua tiepida si colora di verde chiaro, risciacquo ancora ben-bene e, finalmente, le metto nel tegame; con l’abbondante salsa liquida e coperte devono cuocere, lentamente, a fuoco bassissimo, almeno due ore e mezzo, meglio più di tre. Tolte dal fuoco, le lascio riposare, si mangiano il giorno dopo, a pranzo, per cena sarebbero troppo-troppo pesanti e… attenta: è cibo afrodisiaco, dice la nonna nella sua risata da chioccia. Nonna cosa vuol dire afro… te sta’ zitto, che’ sei ancora un moccioso! Ah! Come ci va giù quel rosso di Fantino! Proprio un gran piacere!

QUANTE’ BELLA GIOVINEZZA
Quant’è bella giovinezza
che sfugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Quest’è Bacco e Arianna
belli, e l’un dell’altro ardenti:
perché ‘l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe ed altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Questi lieti satiretti
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or da Bacco riscaldati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Queste ninfe anche hanno caro
da lor esser ingannate:
non può fare a Amor riparo,
se non gente rozze e ingrate:
ora insieme mescolate
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Questa soma, che vien drieto
sopra l’asino, è Sileno:
così vecchio è ebbro e lieto,
già di carne e d’anni pieno;
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Mida viene drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che giova aver tesoro,
s’altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi,
oggi sian, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò c’ha a esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
-Lorenzo il Magnifico-


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