PREISTORIA?
VENERDÌ, 11 DICEMBRE 2009
PREISTORIA?
La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotte
di classe. Fino a quando le persone vivono in una società divisa in classi,
antagonistica, anche la personalità umana è oppressa, diminuita, lacerata, non
può essere veramente e pienamente umana. Le persone diventano pienamente
persone quando si liberano da una società che supera l’antagonismo tra gli
oppressi e gli oppressori, tra gli sfruttati e gli sfruttatori. Comincerebbe
così una storia veramente degna per l’umanità, in cui la società conosce e
domina le leggi che ne guidano lo sviluppo, ed è in grado di risolvere i suoi
problemi pianificando il proprio divenire, portando al massimo grado,
umanamente possibile, il controllo e l’utilizzazione delle forze della natura.
Pertanto, soltanto una volta attuata pienamente l’uguaglianza con la pratica
dei principi della fratellanza, anche la conoscenza non sarà più di carattere
ideologico, limitata dalla propria base di classe, ma scientifica nella sua
interezza. La critica che il marxismo è in grado di sviluppare nei confronti
dell’ideologia, superandola in una interpretazione scientifica del divenire
sociale, anticipa il carattere scientifico che tutto il conoscere umano
assumerà nella nuova società – quella da costruire nel contempo – superando
l’èra capitalistica. Va evidenziato che solamente i lavoratori dipendenti, il
proletariato, ha sincero interesse a realizzare una società non più divisa in
classi, di realizzare pienamente la propria cognizione di esistere e diventare
finalmente protagonisti della propria storia, perciò veramente liberi con una
libertà che, naturalmente, deve continuamente svilupparsi. Esempio
chiarificatore è la definizione di comunismo che dà Marx: Il comunismo per noi
non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la
realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo
stato di cose presente. Il vero soggetto della storia non è l’economia e l’uomo
soltanto il suo soggetto passivo. L’uomo invece è sempre il soggetto della
propria storia, ma lo fa muovendosi in condizioni determinate; il fatto che
egli non sia cosciente delle leggi che guidano lo sviluppo della società, non
gli consente di conquistare appieno questa sua funzione di protagonista. Ma se
l’uomo non conosce le leggi dell’economia questa deve pur essere il risultato
del rapporto che l’uomo stabilisce con la natura per mezzo del lavoro. E’
dunque l’uomo che fa l’economia, seppure entro leggi oggettive e determinate; è
inoltre l’uomo che conduce le lotte politiche, elabora le idee che
corrispondono alla base economica della società in cui vive. In questo senso appunto
egli è protagonista della propria vita. Il carattere dominante che viene
attribuito alla struttura economica potrebbe far ritenere irrilevanti le forme
politiche e culturali della vita sociale; potrebbe far ridurre tutta la vita
della società all’economia, potrebbe spingere a spiegazioni semplicistiche dei
fatti politici e culturali, ma così non è. La spiegazione della forma che lo
Stato assume, delle leggi che lo regolano, della spiegazione delle lotte
politiche, o degli orientamenti culturali, va trovata nell’economia, ma anche
la lotta politica o culturale ha importanza nella vita sociale. Questo aspetto
è rafforzato nella consapevolezza che è a livello delle idee che gli uomini
prendono coscienza del conflitto economico, e dell’importanza del momento e
delle idee della politica che assume rilievo, perciò la politica oggi è in
crisi per l’abbandono degli ideali vera ed unica carta d’identità che ne
consente il valore e lo sviluppo. Infatti è un grande errore ridurre
semplicisticamente le sovrastrutture politiche e ideali alla base economica
oppure alla genericità di termini come democrazia, libertà senza per cosa, per
chi, per quale fine. Abbiamo una società senza cervello e senza cuore perchè è
in balia del disvalore umano nell’interesse esclusivo della ricchezza per la
ricchezza fine a se stessa (Paperon dei Paperoni da leggere con occhi adulti!).
Già Engels metteva in guardia contro l’errore di ridurre semplicisticamente le
sovrastrutture politiche e ideali alla base economica, quando scriveva: … secondo
la concezione materialistica della storia il fattore che in ultima istanza è
determinante nella storia è la produzione e la riproduzione della vita reale.
Di più non fu mai affermato né da Marx né da me. Se ora qualcuno travisa le
cose, affermando che il fattore economico sarebbe l’unico fattore determinante,
egli trasforma quella proposizione in una frase vuota, astratta, assurda. La
situazione economica è la base, ma i diversi momenti della sovrastruttura – le
forme politiche della lotta di classe e i suoi risultati, le costituzioni
promulgate dalla classe vittoriosa: … le forme giuridiche, e persino i riflessi
di tutte queste lotte reali nel cervello di coloro che vi partecipano, le
teorie politiche, giuridiche, filosofiche, le concezioni religiose … –
esercitano pure la loro influenza sul corso delle lotte storiche e in molti
casi ne determinano la forma in modo preponderante. Vi è azione e reazione
reciproca di tutti questi fattori ed è attraverso di essi che il movimento
economico finisce per affermarsi come elemento necessario in mezzo alla massa
infinita delle cose accidentali … . ( Engels, lettera a Bloch, 21 settembre
1890, in Marx Engels Opere, Editori Riuniti Roma, p.1242).
Anche il nostro Antonio Labriola si faceva beffe di coloro che riducono tutte le manifestazioni sociali, così complesse, intrecciate, alla base economica, che trovano in questa la semplicistica ed immediata spiegazione di tutto. Egli avvertiva: … Non si tratta di sostituire la sociologia [ in questo caso l'analisi della base economica ] alla storia, come se questa fosse solo una apparenza, che celi dietro di sé una realtà riposta; ma anzi si tratta di intendere integralmente la storia, in tutte le sue intuitive manifestazioni, e di intenderla per mezzo della sociologia economica.
La struttura economica ci fornisce dunque la spiegazione di fondo; anziché ridurre a sé tutte le manifestazioni della storia ci consente di capirle; ma potremo comprenderle solo se le coglieremo nella loro concretezza e specificità; se terremo conto, analizzando una lotta politica, anche delle sue motivazioni non direttamente legate all’economia, del carattere e delle tradizioni dei partiti, del ruolo giocato dalle singole personalità; e così se studieremo i movimenti culturali, dovremo considerare la tradizione da cui essi nascono, le influenze culturali e politiche che su di essi agiscono, il carattere personale dei loro rappresentanti. Insomma, ci dice Labriola, non bisogna concepire gli uomini che operano nella storia come tante marionette, i cui fili sono tenuti e mossi … dalle categorie economiche, ma bisogna tener presente l’iniziativa degli uomini medesimi, sempre protagonisti, sia pure entro condizioni determinate, della propria storia.
Così Lenin ci avverte che Marx ha distinto dai vari campi della vita sociale il campo economico, separando da tutti i rapporti sociali i rapporti di produzione, come rapporti fondamentali, primordiali, che determinano tutti gli altri. Ma egli non ha ridotto tutti i rapporti sociali ai rapporti di produzione; ha distinto non per ridurre ma per spiegare. Dopo aver indicato come vengono individuate le leggi che governano il capitalismo, Lenin osserva: questo è lo scheletro del capitale. Tutto sta però nel fatto che Marx non si accontenta di questo scheletro, che egli non si limita alla sola teoria economica … che egli – pur spiegando la struttura e l’evoluzione di una data formazione sociale esclusivamente con i rapporti di produzione – investigò ciò non di meno sempre e dappertutto le sovrastrutture corrispondenti a questi rapporti di produzione, rivestì lo scheletro di carne e di sangue … Il CAPITALE mostra al lettore tutta la formazione sociale capitalistica come una cosa viva, con i suoi aspetti nella vita quotidiana, con la sua manifestazione concreta dell’antagonismo delle classi inerenti ai rapporti di produzione, con la sovrastruttura politica borghese che protegge il dominio della classe dei capitalisti, con le idee borghesi di libertà, eguaglianza, con i rapporti familiari borghesi ( Opere, Editori Riuniti V. I, p. 136 ).
Giunto alla conclusione che la struttura economica della società determina – seppure in modo non meccanico – lo sviluppo complessivo della società, nelle sue diverse manifestazioni, Marx volgeva necessariamente la sua attenzione alla studio dell’economia. Lo studio dell’economia politica del suo tempo e soprattutto dei suoi maggiori esponenti – Smith e Ricardo – gli consente di giungere a questa conclusione. L’economia politica borghese studia ed individua – sia pure in modo non compiuto – le leggi che governano l’economia capitalistica. Ma le leggi dell’economia capitalistica appaiono agli economisti borghesi non come leggi proprie di questa formazione sociale ( capitalistica appunto ) bensì come le leggi dell’economia in generale. Si presentano come leggi universali che regolano tutta la storia economica dell’umanità. Poiché le leggi economiche che trovano piena attuazione nel capitalismo, sono le leggi universali dell’economia, ecco allora che il capitalismo rappresenta la fase più alta, definitiva ed insuperabile dello sviluppo economico. Avendo individuato le leggi che regolano l’economia capitalistica, i grandi teorici dell’economia borghese hanno realizzato una grande conquista scientifica, da un lato. Ma dall’altro, scambiando le leggi dell’economia capitalistica per leggi universali, sempre valide, essi giustificano il sistema capitalistico, lo presentano anzi come il solo possibile. Essi sono perciò non soltanto gli scienziati dell’economia, ma gli ideologi della borghesia: coloro che ne giustificano il sistema a livello delle idee. E qui sta l’aspetto non scientifico del loro pensiero.
Giunto ad individuare come alla base delle diverse formazioni sociali stiano i modi o rapporti di produzione differenti, Marx è consapevole del fatto che ogni formazione sociale è caratterizzata da un sistema economico regolato da leggi diverse. Le leggi economiche che valgono per il feudalesimo, ad esempio, non valgono per il capitalismo. Non esistono leggi universali dell’economia, ma le leggi economiche sono invece storiche, il risultato dello sviluppo economico e sono legate ai diversi sistemi dell’economia. La nozione di formazione sociale è dunque quella che gli consente di individuare e superare l’ideologia nell’economia politica. Marx si applica a studiare – e la sua ricerca culmina nel Capitale – le leggi che regolano la formazione sociale capitalistica e questa soltanto. Ciò non significa che il metodo – concezione di Marx – la dialettica materialistica della storia – non possa essere applicato a studiare altre formazioni sociali non capitalistiche, ma egli studia la società capitalistica perchè è quella che ha difronte, è quella che il proletariato deve combattere. Questo dal punto di vista politico. Dal punto di vista scientifico il fatto che il sistema capitalistico sia un sistema economico più sviluppato consente di individuare meglio categorie economiche che possano valere anche per lo studio di altri sistemi, anche se esse dovranno essere inquadrate in leggi economiche differenti.
Marx dà al Capitale il sottotitolo di Critica dell’economia politica non perché egli neghi la possibilità di una conoscenza scientifica dell’economia, ma anzi perché vuole fondare in modo scientifico lo studio dell’economia e ciò può essere fatto solo criticando il carattere ancora ideologico dell’economia politica borghese. (Meditazione su: IL CAPITALE di Marx).
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