SIOUX

sabato, 14 novembre 2009

SIOUX

BICEFALO



Vuoto o con il cervello?  E … il cuore?

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Il nome Sioux è una derivazione francese, abbreviazione di Nadovessioux, deformazione di Nadowessi ( piccoli serpenti ), nome con cui, spregiativamente, venivano chiamati. In origine cacciatori, dediti anche ad una sporadica agricoltura nelle vaste pianure del Mississippi diventarono, dopo l’acquisizione del cavallo, abili cacciatori di bisonti; le federazioni di piccoli gruppi tribali seminomadi, formati da clan patrilineari totemici, si costituirono in Nazioni; quelle più potenti: Dakota, Crow, Missouri, Winnebago, Hidatsa, Mandan divennero note per le strenue lotte di resistenza contro l’invasione dei coloni bianchi. Venivano celebrate feste rituali di stirpe che riunivano le tribù delle varie Nazioni e anche più Nazioni; la vita nomade comportava costumi rigorosi ma, pur avendo la supremazia i guerrieri, le donne erano tenute in grande considerazione e spesso potevano sedere nel consiglio degli anziani; tipici erano l’abbigliamento in pelle riccamente colorata: copricapi con penne d’ aquila, camicie, casacche, borse e sacche per culle, scarpe; il capo militare, sakem, veniva eletto di volta in volta in caso di necessità; Nuvola Rossa, Cavallo Pazzo, Toro Seduto furono capi mitici.

ORSO IN PIEDI

Anche gli indiani più ingenui, anche quelli che non si erano ancora scontrati con l’uomo bianco, compresero che la loro stessa sopravvivenza, oltre alla libertà a cui erano abituati da sempre, poteva essere difesa soltanto con il fucile, l’ascia e il coltello perché la parola, le promesse e i trattati dei visi pallidi non avevano alcun valore. Orso in Piedi, uno dei più saggi capi dei Sioux, aveva sintetizzato la situazione con delle profonde parole che vale la pena di ricordare perché oggi sono di attualità anche qui da noi, dove la cupidigia degli uomini distrugge o almeno gravemente compromette l’equilibrio ecologico e naturale: il cuore dell’uomo che si allontana dalla natura si indurisce e la mancanza di rispetto per le creature della natura porta fatalmente alla mancanza di rispetto per l’uomo stesso. L’uomo bianco non ha amore per la terra: quando noi cerchiamo le radici, facciamo buchi piccoli per non far male alla terra; per i nostri fuochi noi usiamo solo rami caduti. Ma l’uomo bianco taglia i rami vivi e l’albero dice: non farlo, non farmi male. Ma i bianchi non hanno pietà. Lo spirito della terra li odia. L’uomo bianco distrugge tutto. Spacca le rocce e le disperde; le rocce dicono: non farlo. Fai male alla terra. Come può lo spirito della terra amare i bianchi? Tutto ciò che i bianchi toccano prova dolore!

La situazione per gli indiani divenne disperata quando le rade carovane dei pionieri incominciarono a essere sostituite dai primi convogli ferroviari. L’emigrazione dei bianchi verso l’interno assunse proporzioni di massa, la circolazione delle merci divenne assai più facile e rapida, l’azione degli speculatori più efficace e massiccia. I primi a farne le spese furono i bisonti, cioè gli animali ai quali era legata la sopravvivenza di tutte le tribù indiane. I bisonti forniscono una carne molto nutriente, una pelliccia molto calda e un cuoio molto morbido; le loro ossa, opportunamente lavorate, dagli indiani fornivano una grande varietà di arnesi: aghi, ami, punte per le frecce. I pionieri, i coloni, gli operai della ferrovia davano la caccia ai bisonti ma, problema drammatico furono le bande di cacciatori con uccisioni di intere mandrie per speculare sulle pelli e le lingue salmistrate considerate un piatto prelibato, lasciando a marcire nella prateria migliaia di capi abbattuti. Per avere un’idea di questi massacri, basta ricordare che un solo cacciatore, riusciva a uccidere in una settimana anche 2500 animali e che una sola ditta spedì per ferrovia durante l’inverno del 1862 ben 200 mila pelli di bisonte, due vagoni di lingue salmistrate e 200 vagoni di prosciutti salati; nella zona operavano altre tre ditte specializzate! I bisonti, nel 1850 erano stimati all’incirca in 90 milioni di capi, erano ridotti all’inizio del XX secolo, ad opera del grande distruttore bianco, a poche centinaia di esemplari che oggi vivono protetti dalla legge e nelle riserve come gli indiani coi quali, evidentemente sono rimasti accomunati, fino in fondo, dallo stesso destino. Gli indiani compresero subito che la distruzione dei bisonti avrebbe segnato anche la loro distruzione e si misero sul sentiero di guerra. Ma i visi pallidi continuarono ad avanzare.

LA REGINA DELLE API
C’era una volta
una coppia che desiderava
ardentemente un figlio
ma non riusciva ad averne.
Un giorno il marito
andò in un campo
a tagliare del bambù.
All’improvviso udì
una vocina che lo implorava
di non fargli del male.
Dove sei? Chiese l’uomo.
In questa canna!
Rispose la vocina.
L’uomo aprì la canna di bambù
e trovò un bambino piccolissimo,
con il volto da ranocchio.
Lo portò a casa e con la moglie
si affezionarono subito al bambino,
anche se non era molto bello.
Lo chiamarono Bambù.
Passarono gli anni
e Bambù crebbe.
Diventò un bravissimo ragazzo
che aiutava il padre nel lavoro.
Un giorno, il giorno
del suo diciottesimo compleanno,
i genitori gli diedero un abito
e una spada e lo mandarono al mercato
a vendere il riso
e a comprare delle stoffe.
Bambù attraversò la foresta
ed ad un tratto si accorse di essere seguito.
Gli si parò di fronte un leone affamato.
Bambù gli disse: non ho niente da darti, oggi.
Ripassa domani.
Ma il leone gli rispose: Ma io so già
cosa mangiare: tu!
Allora Bambù gli disse: vattene via,
altrimenti ti infilzerò con la mia spada!
Il leone intimorito, scappò via.
Bambù era quasi uscito dalla foresta,
quando incontrò un’ape che gli chiese
di salvare la sua regina.
La regina era una bellissima ragazza,
piccolissima, con due ali argentate,
che era rimasta impigliata in una ragnatela.
Bambù la salvò, ed allora la regina
gli regalò tre semi di melone.
Questi semi ti aiuteranno
a realizzare quello che vuoi.
Basterà che tu lo desideri!
Bambù andò al mercato
e concluse i suoi affari.
Poi tornò verso casa
ed attraversando la foresta rincontrò il leone,
ancora più feroce ed affamato.
Bambù desiderò di ucciderlo
con la spada di suo padre,
ed ecco che di colpo riuscì a farlo.
Un seme di melone
era svanito nel frattempo
dalla sua tasca.
Bambù scoprì che i semi
erano prodigiosi.
Ascoltò il suo cuore
e desiderò di essere un bel giovane
e di rivedere la regina delle api.
I due semi sparirono
e Bambù diventò un bellissimo ragazzo:
di fronte a lui giunse la regina delle api,
che ingrandì fino a diventare una vera ragazza.
I due tornarono a casa,
si sposarono e vissero
felici e contenti.
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Quando avrete prosciugato l’ultimo dei fiumi,
tagliato l’ultimo degli alberi,
ucciso l’ultimo dei bisonti
e magari pescato l’ultimo dei pesci,
allora, ma neppure un attimo prima, capirete
che non potrete mangiare i vostri inutilissimi soldi.
- NUVOLA ROSSA -




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