STORIA D’EMIGRANTE
mercoledì, 19 agosto 2009
STORIA D’EMIGRANTE
Della terra non tua tutto sapevi e amavi
fin da quando le tue mani infantili già erano callose
e sapiente curavi i raccolti, i frutti, le verzure.
Nella tua calda aria sicula avesti le prime ingiustizie
ma ancora non capivi nascondendo la rabbia
che cieca e succube nel tuo sangue fermentava
come il buon vino fermenta nel tino del contadino.
E domandasti al vecchio che la storia aveva vissuto
e discutesti col giovane che sarebbe stato nella storia
e imparasti a guardare te stesso e come vivevi.
Così, nei ritagli di tempo, cominciasti a studiare.
Nella caparbietà degli intenti e del sapere
ritornarono gli entusiasmi soffocati alle elementari
ed ora uomo che ritorni bambino leggi e finalmente scrivi.
E il bambino domanda un perché
e l’ uomo che studia riesce a dare una risposta
fino a che è l’ uomo che domanda ad è l’ uomo che risponde.
Ora sai l’ origine delle ingiustizie:
Il latifondista che non ama e tanto meno lavora la terra
ingorgo di soldi e di potere feudale in tutto specula
e prima di tutto sulla gente onesta, misera, ignorante.
Poi, costretto come migliaia e migliaia di altri uomini
abbandoni la moglie e i figli e la terra del tuo sudore
emigrando triste e sconfitto nella speranza.
Ti avevano promesso un buon lavoro e un buon salario
e dopo poco tempo la possibilità di alloggio per la famiglia.
Ma già sono tre anni che vivi vegetando
martoriato dalla catena di montaggio nella fabbrica prigione
e nell’ unica stanza dove mangi e dormi a mezzo con un altro
il grappo alla gola ti prende nel pensare ai tuoi.
A mo’ di macchina automatica sei trasformato
dall’ ingranaggio che di uomo tutto frantuma
mentre la televisione propina “ Carosello “
e fa vedere il mondo dei ricchi per far dimenticar noi stessi.
Ma sai e non ti illudi mentre costruisci
nella lotta partecipa il tuo granello
utile nel dar senso al mosaico di un mondo diverso.
“ E lo loro
retrogradi di ogni razza
già tinti nel verde della muffa
dei castelli feudali
già larve disumane che odiano l’ uomo
più niente hanno da dire
altro che confessar le loro colpe
al Tribunale della Povera Gente “ .
-Renzo Mazzetti-
VEDI: POESIA alla trave nell'occhio
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