AMNISTIA E INDULTO
AMNISTIA E INDULTO
Il verso del cane, nella pagina culturale di Abbaio, riportava l'articolo di Banfi Antonio preso dal Calendario del Popolo del gennaio del 1954. Perché ciò? Per il semplice motivo che sensibilità, antifascismo, democrazia, libertà non erano state ancora avvelenate da “democrazia e libertà all'americana”. L'articolo, senza introduzione né commento era intitolato “La ragione delle amnistie”, eccolo:
“L'altra sera sul rapido Roma-Milano mi era a fianco uno di quei grossi signori - ventre prolassato, braccini corti e mani tozze inanellate, guance pesanti e borse paonazze agli occhi, vestito inappuntabile - che in altri tempi avrebbe fatto la gioia di uno Scalarini come simbolo del “grasso borghese”. Io me ne occorsi per una sua risatina stridula e le parole che ne seguirono: “Ventimila amnistiati! Bisognerà far mettere una seconda serratura alla cassaforte!”. Lui dunque pensava alla sua cassaforte; io, che di casseforti non ne ho, pensavo a quei ventimila.
Ventimila uomini, vecchi e giovani, donne e ragazzi, ventimila creature dietro le sbarre, a sbocconcellare un pezzo di pane duro, a misurar la cella stretta ed umida con un disperato ritmo di passi inutili, nell'ozio, nell'amarezza, nella disperazione del domani, privi di ogni sostegno, d'ogni solidarietà sociale. Colpevoli, oh sì, colpevoli, di una loro colpa e di una colpa di tutti, di questo atroce e assurdo vivere di incertezze, di lotta, di avventura, di inganno.
Io penso che una prima ragione, la più umana, di tutte le amnistie e gli indulti sta in questa coscienza di corresponsabilità del corpo sociale alla colpa del singolo, di relatività della giustizia esercitata, di rispetto della personalità profonda di tutti, anche del colpevole.
La giustizia umana fa così giustizia di se stessa, cerca di rimediare ai tanti male che essa aggiunge ai mali fatti dall'ingiustizia. Anche perché, rivedendo via via i casi d'indulto e di amnistia balzano agli occhi gli infiniti casi della colpa commessa per errore, per ignoranza, per semplicismo ingenuo, per scatto irriflesso, per interna - quante volte giustificata! - protesta.
La macchina preparata per la faina astuta e feroce è scattata e ha preso il topolino muschiato, dal cui lieve rosicchiare nessuno si sarebbe neppure accorto. Dura lex sed lex, diceva il motto: io l'invertirei: lex sed dura lex, e in questa durezza spogliata ormai del suo senso e della sua funzione umana.
Ma v'è un'altra ragione: se è vero - se non è solo retorica - il dire che la pena ha la funzione di correggere, di rimettere il trasgressore del costume e della legge sulla retta via, come non riconoscere la necessità di farli ricominciare la vita da capo, senza il peso di nessun antecedente? E fargliela ricominciare con un indulto, prima che sia troppo tardi, prima che la prigione abbia distrutto in lui le forze sane di recupero.
Perché la prigione minaccia di far marcire non solo le ossa e i polmoni, ma l'anima e il carattere. Far ricominciare anche la vita - e questo è il caso dell'amnistia vera e propria - cancellando ogni ricordo, ogni traccia della colpa.
Né solo gli uomini hanno bisogno di cominciare da capo: anche i popoli e le nazioni. Vi sono periodi di crisi in cui la struttura sociale non concede alcuna sicurezza, il costume alcuna guida, in cui il disordine invita al disordine, l'arbitrio all'arbitrio, la sopraffazione alla sopraffazione. E la giustizia interviene e colpisce alla cieca, dimentica troppo spesso delle radici sociali e politiche dei crimini contro cui si erge.
Quando la crisi è passata, diviene necessario ricominciare da capo, e per costruire, non perdere nessuna energia. L'amnistia ha anche questa funzione: è l'atto definitivo di un risanamento del corpo sociale e politico in una rinnovata solidarietà d'intenti.
Per questo, dopo la Liberazione è intervenuta l'amnistia che passa col nome di Togliatti; per questo, dopo il sette giugno, dopo il riaffermato impulso popolare per una politica democraticamente progressiva, s'è imposta la nuova amnistia, come fatto di solidarietà per una comune opera civile”.
(Ricordo da un racconto di Therios).
ECCELSA
PRESIDE
(Meditazione
su: Comunicazione n.197 di Savino Annalisa)
"Perché
l'ho fatto? Mi ha spinto il dovere dell'esempio
e
il bisogno di coerenza che i giovani chiedono al mondo adulto
e
quindi anche alle istituzioni.
Non
mi sentivo di lasciare soli gli studenti in questa loro reazione.
Perché
sorprendersi delle mie parole e non invece del silenzio
rispetto
al pestaggio selvaggio di studenti operato per motivi politici?
Abbiamo
studiato. Siamo in una scuola.
Abbiamo
una sufficiente cultura per chiamare le cose con il loro nome.
Il
fatto che siano le mie parole a creare scalpore
non
può non farci riflettere".
-Renzo
Mazzetti- (Domenica 26 Febbraio 2023).
categoria: fantascienza, filosofia, ironia, poesia, dimenticanze tra le righe.
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