ERA CIARLIERA
martedì, 28 ottobre 2014
ERA CIARLIERA
Italia comunicava con Europa con una lingua orale e scritta
che non era la sua. Lingua italiana rinnegata, italiani traditi. Negli anni nei
quali i punti di riferimento geografici e politici non più erano quelli della
Rosa dei Venti, dei Paralleli e dei Meridiani, della linea dell’Equatore, delle
memorie del passato e dei martiri per la Patria, i governanti non cambiavano una
realtà insoddisfacente ma costringevano la popolazione ad adattarsi e diventare
schiava o perire sull’altare della crescita (per chi, per cosa, per dove?). I
governanti invocavano che il mondo esterno arrivasse, ma, nel mondo, se pur
quello “più progredito”, la gente come viveva e come moriva? L’ottanta per
cento moriva di fame e malattie, del restante venti uno o due vivevano
riccamente e il rimanente malamente nella disperazione e misera, e quante morti
e distruzioni per tutte quelle sporche guerre? Lasciamo perdere. La
comunicazione, nell’Era Ciarliera e del “darselo ad intendere”, era tutta una
rappresentazione metaforica di libertà e di democrazia cultrici del salvatore
della Patria di turno. Un esempio della pratica governativa del “darselo ad intendere”:
ci furono grandi manifestazioni organizzate dalla Confederazione Generale
Italiana del Lavoro per una diversa politica economica e per la difesa dei
diritti dei lavoratori in particolare per il mantenimento dell’articolo
Diciotto, ebbene, il Rottamatore affermò che la sinistra non l’aveva votato,
guardandosi bene però dal completare correttamente la citazione. La completa
citazione esigeva che onestamente dicesse: i Comunisti non votarono l’articolo
Diciotto ma si astennero perché volevano che l’articolo tutelasse anche i
lavoratori delle aziende con meno di quindici dipendenti (l’articolo Diciotto
tutelava soltanto i lavoratori delle aziende con più di quindici dipendenti). I
governanti italiani con Europa comunicavano in lingua inglese (chi l’ho decise:
quando, dove e perché?), con i propri connazionali in lingua infame del
“darselo ad intendere”. A quando il pregiato e apprezzato italiano? (Ricordo da
un racconto di Bicefalo).
R I F
O R M
I S M
O
La pratica del riformismo,
scelta da alcuni dirigenti della classe operaia
che rinunciano alla lotta
e ripongono tutta la loro fiducia nelle riforme sociali,
graduali e pacifiche -pratica che confina spesso col
tradimento-
viene teorizzata dal revisionismo,
che pretende di rivedere,
di correggere il pensiero di Marx.
Il revisionismo
tende ad evirare il marxismo
di tutto il suo contenuto rivoluzionario
in quanto attenua o addirittura nega
la critica fatta dal marxismo alla società capitalistica.
Così sono attenuate o negate
tutte le contraddizioni della società borghese,
le sue crisi periodiche,
lo sviluppo ineguale del capitalismo,
la miseria crescente,
lo stesso fondamentale concetto della lotta di classe
viene posta da un canto.
[Il riformismo,
complice del capitalismo e del sistema mercato,
cambia solamente governanti,
perpetua lo stato di cose presente].
-Arturo Colombi-
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