IL SENSIBILE COMPAGNO
mercoledì, 11 dicembre 2019
IL SENSIBILE COMPAGNO
Sono certo che molti di voi, alcune sere or sono hanno sentito,
trasmesso dalla nostra Radio, il grande comizio di rappresentanti dei popoli
slavi, incontratisi a Mosca per proclamare la loro fraternità e la solidarietà
loro nella lotta contro la Germania hitleriana. Ho assistito a questo comizio,
e vi confesso che ne sono uscito con l’animo profondamente commosso. Sono molto
difficili, per noi latini, queste lingue slave, con le loro radici, coi loro
accenti, con le loro costruzioni così diverse dalle nostre. Ho sentito parlare
uno scrittore russo, un generale polacco, un poeta montenegrino, uno storico
della Boemia, un professionista bulgaro, un deputato sloveno. In dodici idiomi
diversi, ho sentito leggere lo stesso appello alla lotta per la libertà, per
l’indipendenza, per la difesa delle patrie slave minacciate dall’invasore
tedesco, e la somiglianza stessa della parlata mi diceva ad ogni istante che si
tratta di dodici popoli diversi, ognuno dei quali ha una storia e una
personalità ben determinate, ma che si sentono e sono fratelli e che oggi una
comune minaccia stringe assieme in una lotta comune. Dodici popoli, 160 milioni
di uomini abitanti l’enorme territorio che si stende tra le rive dell’Adriatico
e le vaste pianure siberiane. I teorici della superiorità della razza tedesca
su tutte le altre hanno deciso che questi popoli appartengono a una razza
inferiore e che perciò non hanno diritto di essere liberi. Hitler ha lanciato
contro di loro il suo esercito di banditi assetati di sangue e di rapina. Ha
distrutto gli Stati per la cui indipendenza lottarono per secoli i polacchi, i
boemi, i serbi, i croati; mette il piede sul collo dei bulgari; vuole rubare
agli ucraini le loro terre; vuole rendere schiavi i russi. Vano delirio di un
pazzo! Se oggi in Europa vi è un popolo del quale veramente si può dire che è disceso
a un livello di civiltà inferiore a quello degli altri popoli europei esso è il
popolo tedesco che, profondamente corrotto dalle sanguinarie dottrine del
nazionalsocialismo, si è fatto un ideale dell’aggressione, del saccheggio,
della barbarie. Quale differenza, perciò, fra il cosiddetto panslavismo del
secolo scorso, strumento reazionario delle mire espansioniste dello zarismo, e
questa odierna mobilitazione dei grandi e dei piccoli popoli slavi in difesa
della loro esistenza e di quelle libertà nazionali che sono una conquista della
moderna civiltà europea! “Noi amiamo la libertà e la patria. Libertà o morte!”
– ha detto un nipote di Leone Tolstoi. “Ognuno dei popoli slavi ha diritto di
vivere e di lavorare in pace, eguale tra gli eguali!” – ha proclamato un ceco.
“Le terre fecondate dal sudore e dal sangue dei nostri padri sono nostre, e noi
le difenderemo lottando fino all’ultima goccia del nostro sangue!” – hanno
gridato un serbo, un montenegrino, un ucraino. Ascoltavo i loro discorsi, e
un’idea sorgeva sempre più chiara nella mia mente: la causa per cui questi
popoli lottano è la stessa per cui lottarono i nostri padri e i nostri nonni,
negli anni eroici del nostro Risorgimento. Lo spirito profetico di Giuseppe
Mazzini aleggiava nella riunione di Mosca. Giuseppe Mazzini sognò la
resurrezione dei popoli slavi. La causa della libertà di questi popoli fu per
lui una causa altrettanto nobile e sacra quanto quella del popolo italiano.
Perché l’Italia possa essere sicura del suo avvenire, – è necessario che si
costituiscano in Stati indipendenti, liberi da ogni oppressione straniera,
tutte le nazioni che abitano tra il Mar Nero e la Vistola, tra i Carpazi e le
Alpi Giulie. Solo in questo modo potrà essere elevata una barriera contro i
sempre rinnovati tentativi di conquista violenta da parte del germanesimo. Il
popolo italiano e i popoli slavi hanno dunque un interesse, una causa comune da
difendere. Scossi dall’appello di Mazzini, vennero a combattere per la libertà
italiana alcuni tra i migliori figli dei popoli slavi, e le camice rosse di
Garibaldi dettero il loro sangue per la liberazione dei popoli balcanici.
L’ammirazione e la solidarietà con i popoli slavi insorti contro i loro
oppressori è una delle note dominanti di tutta la letteratura patriottica del
Risorgimento. Ricordate Carducci? Vi voglio leggere alcuni versi da lui scritti
attorno al 1860. L’altra sera, quando li ho riletti, ritornato a casa dopo il
comizio degli slavi, mi sembrava fossero stati scritti ora, per la situazione
di oggi, e non ottant’anni fa, sentite:
Su, da’ monti Carpazi a la Drava,
Da la Bosnia a le tessale cime,
Dove geme la Vistola schiava,
Dove suona di pianti il Balcan!
Su, d’amore nel vampo sublime
Scoppin l’ire de l’alme segrete!
Genti oppresse, sorgete, sorgete!
Ne la pugna vi date la man!…
…Serbo, attendi! Su’l pian di Cossovo
Grande l’ombra di Lazzaro s’alza;
Marco prence da l’antro fuor balza,
E il pezzato destriero annitrì…
…In quell’uno che tutti ci fiede,
Chi si pasce del sangue di tutti,
Di giustizia d’amore di fede
Tutti armati leviamoci su.
E tu, fine de gli odi e de i lutti,
Ardi, o face di guerra, ogni lido!
Uno il cuore, uno il patto, uno il grido
Né stranier né oppressori mai più.
“Né stranier, né oppressori mai più”. Come vorrei che queste
parole penetrassero nel cuore e nella mente di ogni italiano! Questa è la
tradizione italiana, la vera, la immortale tradizione dell’Italia liberale,
democratica, rivoluzionaria, garibaldina. Questa tradizione, Mussolini e il
fascismo l’hanno messa sotto i piedi, e il popolo italiano sta già pagando il
fio di questo delitto. Preso da mania di conquista, spinto dall’avidità senza
limiti di caste reazionarie abituate a vivere di rapina, Mussolini ha preteso
lanciarsi egli pure alla conquista delle terre slave, alla distruzione degli
Stati nazionali slavi del bacino danubiano e dei Balcani. E il risultato?
Quello dal quale metteva un guardia Mazzini. Dalla Vistola al Mar Egeo,
l’Europa orientale geme oggi sotto il tallone tedesco, e il popolo italiano è
ridotto a sua volta a essere vassallo della Germania di Hitler. I soldati
italiani fanno da gendarmi, in Serbia, in Croazia, nel Montenegro, mentre i
tedeschi saccheggiano per conto proprio questi paesi, e contro gli italiani,
come contro i tedeschi, si dirige l’odio dei popoli che dovevano essere nostri
amici, nostri collaboratori, nostri alleati, nella resistenza all’espansione
violenta del germanesimo. Come appendice mercenaria dell’esercito di Hitler
viene mandata al macello la gioventù italiana. Il tradimento degli ideali del
Risorgimento coincide col tradimento degli interessi nazionali e materiali del
paese. Vi è una via di salvezza per l’Italia, ed è che tutto ciò che vi è di
sano nel nostro organismo nazionale si ribelli a questo tradimento e risollevi
la bandiera della lotta per la libertà. Bisogna dare nuova vita al patto di
alleanza sognato e predicato da Mazzini, tra il popolo italiano e i popoli
slavi. Come ai tempi di Mazzini, una è la nostra causa. I giorni dell’hitlerismo
sono contati. L’unione contro di esso di tutti i popoli slavi rende completo
l’isolamento del nazionalsocialismo tedesco, rende vieppiù certa la sua
sconfitta. E’ scoccata l’ora della riscossa anche per gli italiani. In difesa
dei nostri interessi, in nome delle nostre tradizioni migliori, in nome degli
ideali per cui sorgemmo e ci affermammo in Europa come nazione, il nostro posto
è coi popoli di tutta l’Europa come nazione, il nostro posto è coi popoli di
tutta l’Europa e del mondo intiero che hanno giurato di far indietreggiare la
barbarie tedesca, di concellare per sempre l’onta del nazionalsocialismo e del
fascismo. (Meditazione su: “15 Agosto 1941” tratto da “Discorsi agli italiani”
di Mario Correnti (Palmiro Togliatti), Radio Mosca).
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