ESERCITO DI RISERVA

sabato, 23 giugno 2018

ESERCITO DI RISERVA

Le statistiche sulla disoccupazione indicano uno degli aspetti più tragicamente negativi del sistema economico vigente, sistema che non è in grado in nessuna parte del mondo di assicurare lavoro a tutti. Prima della rivoluzione industriale e dell’avvento del capitalismo, il fenomeno della disoccupazione, nel senso attuale della parola, non esisteva. Certamente anche allora vi erano forze di lavoro non impiegate, ma la staticità del sistema, il lento se non addirittura stagnante ritmo della vita economica, il livello bassissimo delle forze produttive, facevano sì che non si verificassero squilibri notevoli. Con il sorgere del sistema capitalistico si rompe l’equilibrio precedente e si costituisce un nuovo sistema di produzione fondato sul lavoro salariato. Da un lato i capitalisti che posseggono i mezzi di produzione; dall’altra la forza-lavoro che viene venduta come una merce sul mercato. Il prezzo di questa merce particolare (cioè il salario), non diversamente da quanto avviene per le altre merci, tende a fissarsi al livello del suo valore (il quale, per la forza lavoro, corrisponde al valore dei mezzi di sussistenza che permettono al lavoratore di vivere e di mantenere, attraverso la riproduzione, la continuità della classe lavoratrice). Tale prezzo dipende a sua volta dai prezzi dei generi giornalmente consumati dai lavoratori e, se tende a fissarsi al livello del valore, registra tuttavia notevoli oscillazioni intorno ad esso. Aumenta, per esempio, sotto la spinta della forza organizzata dei lavoratori, e diminuisce quando la pressione della massa dei disoccupati diventa particolarmente gravosa. Un primo cenno alla possibilità di una disoccupazione duratura lo troviamo nell’economista inglese Davide Ricardo (1772-1823), quando egli afferma che se il prezzo del lavoro aumenta, cioè i salari crescono, al capitalista può convenire di introdurre nuove macchine provocando così disoccupazione tra i lavoratori. Questa disoccupazione tende poi ad essere riassorbita, perché il risparmio che ne consegue libera dei capitali che danno luogo a nuove produzioni, le quali immettono nuovamente nel ciclo produttivo la massa dei disoccupati. Va tuttavia osservato che il processo di riassorbimento si protrae per un periodo solitamente non breve, durante il quale un numero più o meno ingente di lavoratori è condannato all’inerzia e alla fame. Partendo da queste considerazioni, Marx propose una soluzione del problema fondata sul concetto di esercito di riserva del lavoro. Tale esercito consiste nella massa dei lavoratori disoccupati che, attraverso la loro attiva concorrenza sul mercato del lavoro, mettono involontariamente in atto una continua pressione che determina un abbassamento del livello salariale. Durante i periodi di stagnazione economica, l’esercito di riserva costituisce un peso e una minaccia per l’esercito attivo del lavoro; durante i periodi di aumento della produzione esso frena la richiesta di aumenti di salario. Esso è quindi il perno attorno al quale funziona la legge della domanda e dell’offerta del lavoro, e restringe il campo dell’azione di questa legge entro i limiti convenienti al capitale. I profitti e i sovraprofitti monopolistici si ottengono infatti mantenendo una certa stazionarietà nella produzione e nei prezzi, e mantenendo al livello più basso possibile la massa dei lavoratori impiegati. (Meditazione su: Capitalismo e disoccupazione).

POVERA MACCHINA MORTA
(Dedicata al crumiro)
Eri nella fatica assillante
che nella massacrante cadenza
ottenebrava il cervello
e affiacchiva le membra.
Al ritmo della catena di montaggio
nella fabbrica prigione
vegetavi invecchiando
e alla sera avevi già sonno
prima del “Carosello”.
Ma il tuo era un altro mondo
non quello illuso pari a te stesso
che inerme subivi inconscio
la violenza, il sopruso, l’inganno.
Mai diventasti uomo.
Neppure alla tua morte
lasciasti una briciola di conoscenza
del tuo stato di essere
che ti videro spegnere a poco a poco
senza fare alcuna domanda,
senza chiederti nessun perché.
Ed ora giaci povera macchina
povera macchina morta
senza un grido, senza un guaito.
-Renzo Mazzetti-
(Verso Levante, poesie del mio autunno caldo. Bologna, 2009)

Vedi:

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