AMBIVALENZE

lunedì, 23 aprile 2018

AMBIVALENZE

Il conformismo, addormenta la critica capace di esaminare e giudicare i fatti per stabilire la verità; contribuisce allo sviluppo dell’ignoranza, dell’insensibilità, della cattiveria. La mancanza dello studio dell’italiano, comporta l’apprendimento delle lingue straniere in modo pappagallesco, e fa smarrire tante parole con la conoscenza dei significati indispensabili per la civiltà. La parola guerra, quando la sentiamo qui, in Italia, non suscita alcun sentimento; ha perduto significato, e i morti, i feriti, i bombardamenti, le macerie le guardiamo alla televisione mentre stiamo a tavola mangiando tranquillamente; prima, quando la nostra era da poco finita, sollecitava spontaneo il sentimento di odio per la guerra e oceaniche manifestazioni per la pace. Il conformismo produce l’odiosa indifferenza. La parola odio è stata cancellata dall’uso comune, sarà cancellata anche dai vocabolari? La parola odio, considerata dal conformismo una parola che rappresenta un sentimento negativo perché, importante per la dominazione della finanza mondiale, è stata abbinata oltre all’invidia anche all’odio per la ricchezza, all’odio per la povertà. Odio la guerra e le armi, odio l’invasore delle terre altrui, odio l’oppressore che sfrutta il più debole, odio le disuguaglianze e le ingiustizie, odio i privilegi e i privilegiati. L’odio è un sentimento che esalta la sensibilità dell’animo e l’intelligenza, difende le persone che rischiano di essere ridotte completamente a svolgere il ruolo di consumatori con l’unica attività del proprio tubo digerente e con l’adorazione del dio mercato e di sua santità la moneta. L’odio per la barbarie conduce a: civiltà, educazione, progresso, cultura, raffinatezza, pietà, bontà, generosità, umanità. (Ricordo da un racconto di Ariella).

 

ODIO II

Il mio odio paziente aspetta il vero

nemico, la speranza che deforme

vulnerabile fuma il suo pensiero

vagante, la sua droga.

Sarà sempre a fermarmi nella foga

del correre, improvvisa, quest’informe

lentezza che m’invischia all’occhio vuoto,

alla testa abbuiata nel cappuccio

del suo capestro, il salto nell’ignoto.

Nella china rissosa, nello sdrucciolo

d’un grido solo – ma lontano – il tonfo

del baratro si chiude. Che trionfo

ridicolo vedermi nello sputo

dell’acqua che s’attorce nell’imbuto

del suo gorgo silente, la vergogna

d’esser niente, il borro d’una fogna.

-Alfonso Gatto-

(Desinenze 1974-1976)

Vedi:

 

INFIMI ERODE (10 Aprile 2018)

 

ODIO GLI INDIFFERENTI 

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