LA TANA DEI GUFI
venerdì, 4 settembre 2015
LA TANA DEI GUFI
Il poeta era tormentato dal motivo ideale per cui aveva
combattuto tutta la vita, lui cantore di felicità e d’amore: come conciliare la
libertà e la milizia nel partito che pure si era schierato sempre dalla parte
della libertà e della Resistenza e aveva lasciato dovunque in Francia e in ogni
parte del mondo la rossa riga di sangue dei suoi migliori combattenti. Dopo era
subentrata la ragione pratica, la ragione di Stato, lo sbarramento burocratico,
la tana dei gufi che non c’erano quando credere voleva dire rischiare la
tortura e la morte. Ora stavano seduti al comando, freddi dietro le scrivanie
del potere politico, loro che l’ideologia di Marx e di Lenin avevano tradotto
in dogmi. Questa era l’angoscia vera di Eluard, non gli occhi che si riempivano
subito di lacrime e ancora più feroce della ferita infertagli dalla morte di
Nusch, da cui si era ripreso proprio per l’ansia di continuare a combattere. La
cosa più importante perché esistesse l’amore, la felicità, il sole, l’albero,
il canto, la vita stessa era ancora e sempre la libertà. La libertà del poeta e
dell’operaio, dal bisogno e dell’arte, libertà e giustizia per tutti. Poeta
d’amore e poeta della Resistenza e della rivolta, poeta della rivoluzione e
della libertà, poeta intimo e poeta della comunicazione con i fratelli, dal
tremolio della foglia al grido dell’uomo, al rinnovamento totale del mondo. Il
suo canto, per il partigiano Gabriel Peri, così quotidiano: Un uomo è morto e
aveva per sua via, solo quella dove s’odiano i fucili. Un uomo è morto e
continua la lotta, contro morte contro silenzio, perché tutto quel che volle,
anche noi l’abbiamo voluto. (Ricordo da un racconto di Vasco).
LACRIME
Bianche gocce lacrime
rigano il vetro della finestra.
Dalle fessure
entrano fiati
sconosciuti
freddi.
Chi piange stanotte?
Sarà forse il cielo
maestoso superbo infinito?
Sarà forse un solitario nuvolo
sensibile alla brezza che lo porta
in parte a coprire la Luna?
Un lampo silenzioso
illumina un riflesso
conosciuti occhi sorpresi
subito risvaniscono vergognosi.
-Renzo Mazzetti-
(Verso Levante, Poesie del mio autunno caldo, 2009)
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