L’IRONIA AL POTERE
martedì, 2 settembre 2014
L’IRONIA AL POTERE
Nell’era tecnocratica della dittatura delle monete, il capo
del governo italiano recitava anche un importante ruolo europeo. La scissione
della realtà dalla sostanza, la sostanza e l’essenza delle cose, la fantasia e
lo spirito dell’ideologia erano già diventati tutti studi e meditazioni
rottamati, perciò sopraggiunse l’innovativo momento politico definito
dell’ironia. Questo tipo d’ironia fece il suo esordio internazionale con il
cacciabombardiere, elevato a trampolino dal capo nord americano, per ottenere
il premio della pace. La massima ironia italiana improvvisamente, con antica
fiorentina brutalità, carpì il potere. La giustificazione fu motivata con
l’abbattimento delle lentezze per superare la stagnazione e la recessione
economica. S’impose, con grande velocità, il giovane capo dal ritmo
instancabile che, nei primi cento giorni del suo governo, assicurava la
rottamazione di tutti i vecchi avanzi dei passati regimi e la costruzione di
una dinamica nuovissima Italia. Ma i primi cento giorni dell’unità di misura
politica del rottamatore, furono bruciati all’istante dall’irruenza delle
parole e s’impose, come naturale conseguenza, la necessità di disporre di più
grandi e lontani orizzonti misurati da un tempo politicamente adeguato alla
nuova scoppiettante modernità. Per questo i cento giorni si moltiplicarono fino
a mille. Il sogno americano e i mille sogni in una notte, diventarono una
bazzecola al confronto dei mille giorni dei programmi governativi. In pochi si
fecero il segno della croce perché capirono che sarebbero stati altri
lunghissimi tre anni perduti. Il conto alla rovescia venne scandito
pubblicamente e a tutti fu permesso di criticare e di condividere. La rete
rendeva conto dell’irrealtà in tempo reale e una democrazia diveniva una
metafora. I giornali, le televisioni, i politici, gli onorevoli restarono
letteralmente pietrificati. Il governo dell’ironia non meritava neppure la
minima opposizione. Nessuno aveva voglia di giocarsi la dignità abbassandosi a
contrastare il passo della lumaca. Nell’antichità la lotta contro il passo
dell’oca significava l’eroico coraggio contro la barbarie; il veniamo da
lontano e andiamo lontano di Togliatti e verrà baffone, furono ridotti a
ridicoli passettini e ai baffettini di Ridolini al confronto con la propaganda
elettorale dei tre anni del governo dell’ironia. Difatti gli oppositori, prima
uno poi l’altro e, alla fine tutti, quelli presenti nel Parlamento e quelli
fuori, presero delle posizioni più o meno uguali quando dissero che avrebbero
approvato, senza nessuna discussione e velocemente, tutti i provvedimenti
economici del governo. Alcuni annunciarono che, per ogni provvedimento posto
all’approvazione, avrebbero presentato un’altra proposta alternativa ma che,
comunque e immediatamente, avrebbero approvato quello governativo dichiarando
di non condividere, ma, a prescindere, di approvare. Al governo dell’ironia
venne risposto attuando i detti della saggezza popolare, quelli del togliere la
sete con il prosciutto e della bicicletta; i giovani scelsero: chi ha tempo non
aspetti tempo. (Ricordo da un racconto di Bicefalo).
IL TEMPO PERSO
Sulla porta dell’officina
d’improvviso si ferma l’operaio
la bella giornata
l’ha tirato per la giacca
e non appena volta lo sguardo
per osservare il sole
tutto rosso tutto tondo
sorridente nel suo cielo di piombo
fa l’occhiolino
familiarmente
Dimmi dunque compagno
Sole
davvero non ti sembra
che sia un po’ da
coglione
regalare una giornata come questa
ad un padrone?
-Jacques Prévert-
Quanti est sapere! – Terenzio –
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