LETTERA A TERRACINI

venerdì, 14 dicembre 2012

LETTERA A TERRACINI

Caro compagno Umberto Terracini. Nel numero di oggi del nostro giornale ho letto il tuo articolo: ”Una battaglia rivoluzionaria”. Oltre ad avermi interessato tutta la pagina con i vari scritti relativi alla occupazione delle fabbriche nel 1920 mi hanno interessato, in modo particolare, le ultime otto righe del tuo articolo. Sono dell’opinione che queste otto righe possono essere sviluppate in un discorso più ampio e specifico delle singole situazioni prima, durante e dopo l’occupazione delle fabbriche. I miei fraterni saluti. Mazzetti Renzo. S. Romano, 10 settembre 1070.

Caro Mazzetti, ho avuto la tua del 10 c.m. e ti ringrazio per l’attenzione con la quale hai letto il mio recente articolo sull’Unità, dedicato all’occupazione delle fabbriche. Tu ne hai colto un momento certamente molto significativo e comunque assai discusso, come hai visto in successione di tempo attraverso agli altri scritti pubblicati dal nostro giornale sul tema. La tua opinione, che risponde ad un tuo desiderio, di un ulteriore approfondimento del dibattito sta dunque già trovando corrispondenza. E non escludo di ritornare io stesso sull’argomento. Coi più cordiali saluti. Umberto Terracini. Roma, 21 settembre 1970.

C  O  M  E       U  R  A  G  A  N  O
A chi distrattamente cammina
lungo la catena del montaggio
il movimento può apparire fermo
l’ officina come un’ isola lontana
e le menti sembrare
al sentimento che vede superficiale
in numeri di matricola catalogate.
Eppure vi sono arti e corpi
che si muovono frenetici
come gli arti ed i remi
al ritmo ossessivo dei tamburi
sui grandi legni antichi
e le menti studiano utopie
dove i poveri appaiono in sogni ricchi.
Poi
goccia goccia
come benzina nel motore
l’impegno alimenta
il moto della conoscenza:
Fieri alzano lo sguardo
l’ un nell’ altro vedono se stessi
e gli enormi perché
diventano risposte precise
prospettive reali e vicine
vere ed efficaci garanzie.
Così
nello slancio fiducioso
in bisbigli di zanzare
esce l’aria dalle bocche
poi le parole come abbaiare
infine come uragano
in urlo prorompe.
-Renzo  Mazzetti-


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