CARI COMPAGNI
giovedì, 29 novembre 2012
CARI COMPAGNI
Siamo stati erroneamente condannati per un atroce assassinio commesso da altre persone. Il delitto fu completamente estraneo alla lotta dei lavoratori per migliorare le loro condizioni. Noi non abbiamo paura di morire. Ogni lavoratore come servo del capitalismo affronta migliaia di volte la morte mentre compie il suo dovere. Noi non temiamo la morte. Ci ribelliamo angosciati dal pensiero di dover morire per un delitto che non abbiamo commesso, cioè per un reato che non ha alcun significato sociale. Dai primi anni della nostra giovinezza fino al momento dell’arresto abbiamo dato tempo, lavoro e denaro da noi guadagnato con arduo lavoro alla educazione dei lavoratori, preparandoli al giorno in cui il proletariato saprà emanciparsi. Noi non siamo dei volgari malfattori che rubano ed uccidono. Nessun uomo, in condizioni normali di mente, commise mai un assassinio. I reati di violenza sono la dimostrazione inconfutabile che l’attuale società è in condizioni anormali tali da determinare speciali forme di delinquenza. Non occorre qui ripetere la storia del nostro processo e della nostra condanna. Una rete diabolica di menzogne fu costruita in nostro danno ed alcuni nostri innocenti atti, furono ad arte falsati dalla mentalità insidiosa di coloro che negli esponenti del lavoro vedono solamente dei ”nemici del popolo”. Il capitalismo americano non arriva a comprendere che un lavoratore può essere impavido lottatore contro lo sfruttamento e nello stesso tempo avere una mente ed un cuore cui ripugnano gli atti di violenza. Il ”complotto” ebbe l’ultimo tocco quando fu messa in evidenza la nostra credenza che ai lavoratori appartengono i prodotti del loro lavoro. Questa fu una ragione sufficiente per farci condannare. Se andremo alla sedia elettrica, vi andremo non perché siamo stati ”provati” colpevoli del delitto ma per i nostri ideali. E vi andremo rimanendo leali ai nostri principi, i quali se oggi sono avversati e combattuti, domani domineranno la vita. Se morremo con la consapevolezza che gli uomini di avanguardia ”devono sempre morire”. Noi chiediamo solamente che la nostra morte non sia inutile e che voi, lavoratori, che rendete possibile la vita della società moderna, farete il vostro sacrificio più eloquente che noi facemmo con le nostre vite. Noi non vogliamo morire inutilmente. Fate che la nostra morte annunzi un mondo senza classi dominanti che soffocano le aspirazioni di libertà. -Vanzetti Bartolomeo, Sacco Nicola- agosto 1927.
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Ricordo : tre dei ''Mille'' di Marsala = = = a Giuseppe Garibaldi : AGRI Vincenzo (Firenze) ; AJELLO Giuseppe (Palermo) ; AIRENTA Ger. (Rossiglione).
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