UMANO IMMORTALE
mercoledì, 10 ottobre 2012
UMANO IMMORTALE
Sia dedicato a voi questo libro, dove io cercava, come si
cerca spesso colla poesia, di consacrare il mio dolore, e col quale al presente
(né posso già dirlo senza lacrime) prendo commiato dalle lettere e dagli studi.
Sperai che questi studi avrebbero sostenuta la mia vecchiezza, e credetti colla
perdita di tutti gli altri piaceri, di tutti gli altri beni della fanciullezza
e della gioventù, avere acquistato un bene che da nessuna forza, da nessuna
sventura mi fosse tolto. Ma io non aveva appena vent’anni, quando da quella
infermità di nervi e di viscere, che privandomi della mia vita, non mi dà
speranza della morte, quel mio solo bene mi fu ridotto a meno che a mezzo; poi,
due anni prima dei trenta, mi è stato tolto del tutto, e credo ormai per
sempre. Ben sapete che queste medesime carte io non ho potute leggere, e per
emendarle m’è convenuto servirmi degli occhi e della mano d’altri. Non mi so
più dolere, miei cari amici; e la coscienza che ho della grandezza della mia
infelicità, non comporta l’uso delle querele. Ho perduto tutto: sono un tronco
che sente e pena. Se non che in questo tempo ho acquistato voi: e la compagnia
vostra, che m’è in luogo degli studi, e in luogo d’ogni diletto e di ogni
speranza, quasi compenserebbe i miei mali, se per la stessa infermità mi fosse
lecito di goderla quant’io vorrei, e s’io non conoscessi che la mia fortuna
assai tosto mi priverà di questi ancora, costringendomi a consumar gli anni che
mi avanzano, abbandonato da ogni conforto della civiltà, in un luogo dove assai
meglio abitano i sepolti che i vivi. L’amor vostro mi rimarrà tuttavia, e mi durerà
forse ancor dopo che il mio corpo, che già non vive più, sarà fatto cenere.
Addio. Il vostro Leopardi. (Meditazione sulla dedica di Canti agli Amici miei
cari del conte Giacomo Leopardi, Firenze 15 dicembre 1830).
CANTO NOTTURNO DI
UN PASTORE ERRANTE
DELL’ASIA [PARTE]
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore;
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?
-Giacomo Leopardi-
[ informati e medita =
Cerca : REDENTORE (9 ottobre 2012) ; e Ricerca : RIFORMISMO
(29 maggio 2011) ].
SIRO : SI DEVE MEDITARE LUNGAMENTE E DECIDERE UNA VOLTA PER
SEMPRE.
Commenti
Posta un commento