FEDERALISMO EUROPEO

 

mercoledì, 1 agosto 2012

FEDERALISMO EUROPEO

 

Quanti cercano, oggi, di valorizzare il famoso progetto di un ”federalismo” europeo, cercando di fare presa su un sentimento assai radicato nel popolo, cioè quello di superare alcune anguste barriere nazionaliste, per creare uno stato di collaborazione tra i vari popoli europei, ricorrono facilmente al ricordo del federalismo dell’età risorgimentale. Ma quale fu il contenuto, quali furono gli obbiettivi, quale fu lo spirito, e quale è, in conseguenza, il senso storico dell’idea federalista, come essa apparve nel fecondo travaglio del Risorgimento italiano? Molta confusione in mala fede si cerca di creare su questo argomento, per sfruttare un nome storico, glorioso, a beneficio di un movimento che non ha proprio niente di comune col nostro federalismo risorgimentale. Anzitutto, quando si parla di federalismo in senso europeo, è escluso che ci si possa riferire a Gioberti, la cui idea di una confederazione di Stati italiani presieduta dal papa aveva contenuto esclusivamente italiano ed ebbe fine col tradimento del papa e il nuovo orientamento del Gioberti. Tanto meno ci si può riferire a quello limitato e passeggero, del reazionario Cesare Balbo. Indipendentemente dal neoguelfismo giobertiano, quindi, strettamente nazionale, il federalismo europeo fu sconosciuto ai moderati: esso trovò i suoi propugnatori solo fra gli elementi dell’ala democratica, radicale del Risorgimento. I nomi di Carlo Cattaneo e di Giuseppe Ferrari sono lì a mostrare la prima fondamentale differenza fra il federalismo storico, sorto nella particolare condizione europea ed italiana della nostra età risorgimentale e il federalismo che ora si vorrebbe far rivivere nella scia della politica atlantica. L’aspirazione ad una pacifica unità europea, che presupponeva il compimento di tutte le singole unità nazionali, era espressa dalla borghesia laica e progressiva: né tale aspirazione era esclusiva dei federalisti; essa era, nel tempo stesso, dell’unitario Mazzini. Ciascuno di quei patrioti concepiva anzitutto una Santa Alleanza dei popoli come mezzo migliore per reagire alla Santa Alleanza dei governi reazionari. Unitari e federalisti si dividevano nel metodo, ma avevano un solo fine: la libertà e l’indipendenza, il riscatto dei popoli dal servaggio degli stranieri, dei tiranni, del potere clericale. A questo scopo, tanto unitari quanto federalisti avevano la concezione dell’intera Europa rinnovata. Come in Mazzini la forte preoccupazione unitaria era anzi alla base della sua concezione del Comitato Democratico Europeo di cui entrò a far parte, così per Cattaneo il federalismo doveva avere la funzione, prima di permettere l’unificazione dei vari stati italiani e poi, nel caso della Lombardia, di propugnare una vera autonomia delle nazionalità oppresse dall’Impero austro-ungarico. In Ferrari l’idea, rafforzata da istanze di avanzata democrazia sociale, era certo legata ad una egemonia, almeno teorica, della Francia. Ma qui, se non è il caso di approfondire un esame particolareggiato delle varie posizioni, importa rilevare in primo luogo che esse erano sul piano più progressivo della politica del tempo (mentre il federalismo ”atlantico” sta alla destra della politica internazionale). In secondo luogo, a differenza dell’attuale preteso federalismo occidentale, che esclude, di proposito, tutta l’Europa orientale, Mazzini, Cattaneo e Ferrari non si erano mai sognati di unificare una sola parte d’Europa. Anzi, i contatti con Herzen, con Kossuth, con il polacco Darastz, mostrano che lo scambio politico, culturale ed economico tra Occidente e Oriente, liberatisi dal giogo dei governi reazionari, era alla base della concezione mazziniana di una federazione europea. E lo sviluppo successivo del movimento federalista conferma il vizio della capziosa interpretazione odierna del capo del governo italiano: una visuale ristretta, parziale, conservatrice, intollerante. Non è possibile far passare come desiderio di unione e pace europea (per una maggiore pace del mondo) la coalizione di alcune potenze contro altre potenze d’Europa e cioè un ripristino della Santa Alleanza. L’Europa va dagli Urali all’Atlantico, dal Kuban a Capo Nord, dallo Stretto di Gibilterra al Mar Nero. Ma questa Europa reale non è quella che vogliono federare i clericali occidentali. Se si volesse unire la vera Europa, retta da regimi assai diversi, sarebbe infatti necessaria non la discriminazione di sistemi economico-politici e l’odio di parte che sono alla base dell’imperialismo e del clericalismo, ma una larga tolleranza. Già Lenin nel 1915 denunciava i progetti di Stati Uniti d’Europa come ”organizzazione della reazione”, come un accordo ”per la spartizione delle colonie”. Oggi, mutata la situazione politica, la faccia economica di questo federalismo rimane pur sempre quella di un capitalismo aggressivo (si veda il progetto del trust dell’acciaio). Esso significa il tentativo di fare rinascere il militarismo tedesco e quello italiano. Questa volta naturalmente a servizio dell’imperialismo americano, a cui sono asserviti i clericali occidentali. Ben diverso spirito, ai principi del 1943, animò un gruppo di confinati politici, i quali vagheggiarono per il dopoguerra un movimento federalista fra tutti i popoli; tutti; né era possibile pensare diversamente in un’ora in cui l’alleanza dell’America e dell’Inghilterra con l’URSS avrebbe dovuto preludere ad una grande alleanza mondiale per la pace contro ogni pericolo di rinascita del fascismo. A quei primi ed ultimi veri neofederalisti appartennero Eugenio Colorni e Leone Ginzburg, che dettero, per la libertà dei popoli, la loro vita. Il federalismo ”atlantico”, il federalismo degli occidentali, non è che la lotta della nazioni europee a sistema capitalistico contro il resto d’Europa a sistema socialista e di democrazia progressiva. Mentre Stalin afferma la possibilità della coesistenza nel mondo, fra sistema socialista e sistema capitalistico, e pone, così, le premesse di una pace non solo europea ma mondiale, i federalisti ”atlantici” negano quella coesistenza ed affermano la necessità di lottare contro il pericolo ”comunista”. L’ideale di una pacifica e tollerante convivenza tra i vari stati europei e mondiali è nella volontà tesa a rendere possibile quella coesistenza e nella lotta conseguente dei partigiani della pace. Essi, a buon diritto, possono invocare l’eredità democratica degli uomini più avanzati del Risorgimento. (Meditazione su: ”Questo federalismo…” di Paolo Spriano, febbraio 1952).

 

L  O  D  E       D  E  L        C  O  M  U  N  I  S  M  O

 

E’ ragionevole: ognuno lo intende. E’ semplice.

 

Tu, che non sfrutti gli uomini, lo puoi ben capire.

 

Va bene per te, chiedi notizie di lui.

 

Gli stupidi lo dicono stupido, gli abietti lo dicono abietto;

 

esso combatte l’abiezione e la stupidità.

 

Gli sfruttatori lo chiamano delitto.

 

Ma noi sappiamo:

 

esso è la fine dei delitti.

 

Non è pazzia, ma

 

fine della pazzia.

 

Non è il rompicapo,

 

ma la soluzione.

 

E’ la cosa semplice

 

che è difficile fare.

 

-Bertolt  Brecht-

 

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