BOLLA

 

VENERDÌ, 29 GIUGNO 2012

BOLLA

 

 La lunga e articolata intervista del Professore è probabilmente destinata a lasciare il segno. Il tema è quello dell’economia mondiale, attraverso la lente del confronto tra i differenti comportamenti dell’Unione europea e degli Usa di fronte alle conseguenze dell’attuale crisi finanziaria che colpisce il mondo intero e che è stata innestata dallo scoppio della bolla dei mutui subprime. Ma non si tratta di un’intervista che abbonda in tecnicalità economiche, ma di un ragionamento politico a tutto tondo. Quello di un improbabile leader politico le cui idee sono però dirette ad influenzare governanti (nel senso di primi ministri e membri di governi) e governatori (nel senso di coloro che detengono la guida delle banche centrali). L’argomentazione si snoda lungo quattro direttrici. In primo luogo difende la bontà dell’azione della Banca centrale europea, quella che ha portato ad una serie di rialzi del costo del denaro e quindi a privilegiare sopra ogni cosa il contrasto all’inflazione, contrapponendola apertamente alla linea seguita dalla Fed americana. Se la prende in particolare con la politica di incremento della liquidità seguita da Alain Greenspan, ma è evidente che egli associa alla critica anche l’attuale presidente Ben Bernanke, pur senza nominarlo. In secondo luogo rilancia quello che fu il modello della Germania federale dopo il 1948, cioè ”l’economia sociale di mercato”, ossia il cosiddetto modello renano che appassionò il dibattito economico internazionale almeno fino agli anni 1980 e che egli torna a contrapporre a quello che considera un eccesso di interventismo statale e governativo del governo Bush, simboleggiato dagli interventi di salvataggio dei vari istituti di credito come Bear Stearns, Freddie Mac e Fannie Mae. In terzo luogo, dopo aver attaccato Bush e la sua amministrazione, loda apertamente l’operato del consigliere economico di Barak Obama, William j. Kolansky, per avere proposto una riforma del sistema americano dell’antitrust. In quarto luogo ribadisce la sua fedeltà ai vincoli di bilancio decisi dagli accordi di Maastricht, tentando una difesa, che appare per la verità più imbarazzata che convinta, del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Il Professore osserva il rispetto sacrale dei vincoli di bilancio e il ruolo dominante del sistema bancario, basato sull’indipendenza della banca centrale. Per lui non sarebbe dunque l’intervento diretto dello Stato nell’economia il salvatore della situazione, ma un efficace sistema di antitrust in grado di limare le unghie ai grandi potentati economici, senza però spezzarle. Il tentativo di salvare il liberismo nelle sue versioni meno becere appare del tutto inefficace di fronte alla voragine che la crisi della globalizzazione ha aperto. Se l’Europa non vuole essere trascinata nel fondo della crisi, come quando il morto si aggrappa al vivo, deve abbandonare le cure omeopatiche e scegliere una strada radicalmente diversa. Deve sottrarsi al dominio senza egemonia degli Usa in una direzione esattamente opposta a quella predicata dal Professor Monti. (Meditazione su: Mario Monti, il canto del cigno liberista per fermare la crisi di Alfonso Gianni, Liberazione 23 agosto 2008).

 

S A L V A      I T A L I A

 

Chiamato dal sommo del colle

 

subito nominato a vita senatore

 

a un passo dal burrone

 

agguanta sicuro le risorse

 

salva Italia il professore.

 

Piangono piccole pensioni e buste paga

 

i giovani cercano lo studio sereno

 

sognano il dignitoso lavoro

 

ma anche il padroncino s’ammazza

 

il mercato nella piazza affari in borsa gioca.

 

Europa sovrana immacolata nuova fede

 

dimentica tremende sofferenze estremi sacrifici

 

rubi patrie inganni finemente domi

 

popoli eroici sulle barricate e nelle trincee

 

campioni della democrazia e della libertà.

 

Ridotti a servi della finanza

 

gettati allo sbaraglio per il pane

 

penzola la carota davanti agli occhi

 

sul groppone sbatte rabbioso il bastone

 

sotto al palazzo grida di disperazione.

 

-Renzo  Mazzetti-

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