SELVATICO
venerdì, 18 novembre 2011
SELVATICO
Nessuno ha mai fatto tanto bene i suoi calcoli per la vita,
senza che non gli capiti sempre qualcosa di nuovo. Gli avvenimenti, l’età,
l’esperienza: c’è sempre qualcosa da imparare. Capisci di non sapere quel che
credevi di sapere; e quando le hai messe alla prova, rifiuti le tue convinzioni
più importanti. E’ proprio quel che capita a me. Quella vita di fatica che ho
trascorso finora, adesso che sono vicino alla fine non la tollero più. E per
quale ragione? Ho appreso dalla realtà che per l’uomo non c’è nulla di meglio
della tolleranza e della dolcezza. Ognuno può vederlo, prendendo esempio da me
e da mio fratello. Lui ha sempre trascorso la vita senza fare nulla, tra le
feste, mite e sereno; non ha mai offeso nessuno, ha sempre un sorriso per
tutti. Ha vissuto per se stesso, e per se stesso ha speso i suoi soldi. Tutti
parlano bene di lui, tutti gli vogliono bene. E io? Selvatico, duro, severo,
avaro, scorbutico, ostinato: e ho preso moglie. Quante miserie da allora! Sono
nati i figli: un altro pensiero. Eccomi adesso! Nello sforzo di mettere insieme
per loro quanto più era possibile, ho sprecato la mia vita e i miei begli anni
a fare denaro. Ora, alla fine della vita, ecco il frutto che ricevo per tutto
il mio lavoro: solo odio! Quell’altro, senza nessuna fatica, si ottiene tutti i
vantaggi di un padre: lui, lo amano; e quanto a me, fanno di tutto per
evitarmi. A lui confidano tutti i loro pensieri, gli vogliono bene, Stanno
tutti e due con lui; e io sono abbandonato. A lui augurano lunga vita, ma
aspettano la mia morte, com’è naturale. Io li ho tirati grandi con la mia
fatica, e lui se li è conquistati con una manciata di spiccioli. Io raccolgo
ogni dolore, lui si prende tutte le gioie. Ma forza, adesso vediamo un po’ come
posso reagire: una parola gentile, un atto generoso, dal momento che questa è
la sua sfida! Anch’io pretendo che i miei mi vogliano bene e mi tengano da
conto. Se per questo bisogna far doni e approvare ogni cosa, non mi lascerò
certo vincere. Resterò senza denaro? Poco importa alla mia età. (Meditazione su
Demea nell’atto quinto, scena quarta nei ”I fratelli” di Terenzio).
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C A R O P I C C O
L O I N S E T T O
Caro piccolo insetto
che chiamavano mosca non so perché,
stasera quasi al buio
mentre leggevo il Deuteroisaia
sei ricomparsa accanto a me,
ma non avevi occhiali,
non potevi vedermi
né potevo io senza quel liccichìo
riconoscere te nella foschia.
-Eugenio Montale-
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