LICONE

venerdì, 11 novembre 2011

LICONE

Mi sembra di essere fortunato. Ho fatto un po’ di conti, quanto denaro sia mio e quanto ho di debito. Sono ricco se non pago i miei creditori, se li pago ho più di debito. A pensarci bene, accidenti, se mi staranno addosso, dichiarerò bancarotta davanti al pretore. La maggior parte dei banchieri ha quest’abitudine: di chiedere denaro all’uno o all’altro, senza restituirlo a nessuno. E poi saldano il conto a cazzotti, se c’è chi lo reclama alzando la voce. Chi s’è fatto soldi in fretta, li finisce anche in fretta, a meno che non si metta presto a risparmiarli. Io mi voglio comprare uno schiavo, ma solo da tenere in affitto per un po’. Mi serve denaro. (Meditazione sulla commedia Gorgoglione = Licone, atto III, scena I di Plauto).

LA CANZONE DELLE BANCHE
O Italia mia, vedo le banche e i parchi
Metallici presidii e l’eccedenza
Di carte consorziali,
Ma il marengo non vedo.
Non vedo il franco e il rame and’eran carchi
I nostri padri antichi. Or senza arredo
D’oro e d’argento vuote casse mostri.
Ohimè, quante cambiali
In lunga sofferenza!
E questo è peggio
Che tutte son di deputati nostri
Ricercanti il pareggio
Delle lor tasche, a spese
Del sempre mai diletto almo paese.
Tu, di forma sol vaga,
O Italia ipotecata,
Dormi tranquilla e paga
Sì, paga, Italia mia,
Le tasse a pagar nata
Nella prospera sorte e nella ria.
-Leopardi Risorto-

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